La definizione è legata alla riforma teatrale di Denis Diderot il quale, in Della poesia drammatica (1758), propugnava l’esigenza di creare generi intermedi tra commedia e tragedia che, per linguaggio e temi, toccassero l’uomo medio, il suo ambiente, la vita quotidiana: l’attore (Il paradosso dell’attore, 1778) doveva usare il proprio senso critico, la scena creare un’illusione di realtà, la prosa era preferibile al verso. Tali teorie furono applicate da Diderot nei drammi Il figlio naturale (1757) e Il padre di famiglia (1758).
Il drammaturgo tedesco Gotthold Ephraim Lessing aveva proposto già nel 1755 un esempio di tragedia borghese in abiti contemporanei, Miss Sarah Simpson, cui seguirono capolavori come Minna von Barnhelm (1767), Emilia Galotti (1772), Nathan il Saggio (1779): ora il genere aveva come punto di riferimento e ispirazione l’affermarsi di una nuova classe, invece delle figure eroiche ormai artificiose della classicità. Con Diderot e Lessing l’attenzione si spostò sulla famiglia, all’interno della quale si muovevano i protagonisti dell’azione.
Attento all’evoluzione della scena e dei gusti del pubblico fu Carlo Goldoni, che già in La donna di garbo (1743) cominciò a ritrarre la società contemporanea, mentre con Il teatro comico (1750) compose un vero e proprio manifesto della nuova drammaturgia, non più legata alle maschere ma alla realtà di tutti i giorni, anticipando con Il padre di famiglia (1750) il testo diderotiano.
Successivamente, il dramma borghese sfociò nel dramma naturalista di ispirazione zoliana della seconda metà dell’Ottocento, dai confini sempre più labili tra realtà e sua rappresentazione, o nei drammi a forti tinte di Victorien Sardou, le cui eroine (Fedora, 1882, Tosca, 1883) si rivelarono veicolo ideale delle grandi mattatrici Sarah Bernhardt, Eleonora Duse, Virginia Reiter, e insieme fonte di ispirazione per l’opera lirica. Intanto in Italia si affermava il realismo intimista di Marco Praga, con Le vergini (1889) e La moglie ideale (1890), e di Giuseppe Giacosa, con I diritti dell’anima (1894) e Come le foglie (1900).
L’espressione “dramma borghese” si riferisce, inoltre, alla drammaturgia sviluppatasi a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, che pure si ispirò alla classe media ma ebbe per esito la frantumazione dell’ideale familiare di Casa di bambola (1879) o Il costruttore Sollness (1892) di Henrik Ibsen, l’onirismo simbolista di Il padre (1887) e La signorina Giulia (1888) di August Strindberg, o la crisi dell’identità dell’uomo moderno di Il fu Mattia Pascal (1904) ed Enrico IV (1922) di Luigi Pirandello.