La sfericità della Terra fu dedotta già da Pitagora (VI-V secolo), ma fu nel XVIII secolo che venne accertato lo schiacciamento ai poli, le due estremità del diametro minore, chiamato asse, intorno al quale ruota la Terra; essi si distinguono in Polo nord o polare o artico quello rivolto verso la Stella Polare e Polo sud o australe o antartico quello situato in posizione opposta al primo. Il piano perpendicolare all’asse terrestre e passante per il centro della Terra forma la circonferenza massima chiamata equatore i cui punti, avendo tutti la medesima distanza dai poli, dividono la Terra in due emisferi di cui uno è l’ emisfero boreale o settentrionale e l’altro è l’ emisfero meridionale o australe.
Per stabilire e determinare la posizione assoluta dei punti sulla superficie terrestre è stato necessario immaginare la Terra avvolta da un reticolo costituito sia da circonferenze passanti per i poli, sia da circonferenze perpendicolari alle prime e parallele all’equatore. In questo modo si sviluppa il reticolo geografico costituito dai meridiani e dai paralleli. I meridiani sono semicirconferenze massime passanti per i poli che intersecano, formando un angolo retto, l’equatore e i paralleli; ad ogni meridiano corrisponde una semicirconferenza opposta chiamata antimeridiano; l’unione del meridiano con il suo antimeridiano forma un circolo meridiano. Sia i meridiani che i paralleli sono infiniti giacché sono tanti quanti sono i punti della superficie terrestre.
I paralleli sono circonferenze parallele all’equatore situate a nord e a sud di esso. Detto ciò è facile dedurre che mentre i meridiani, la cui unità di misura è data dalla longitudine, hanno una medesima lunghezza, i paralleli, indicati dalla latitudine, sono tanto più piccoli quanto più ci si allontana dall’equatore fino ad essere nulli ai poli.
Basandosi su due assi di riferimento perpendicolari tra loro, per determinare la precisa collocazione di un punto sulla superficie terrestre, è necessario tracciare dei segmenti, detti coordinate del punto, che abbiano origine nel punto preso in esame e che siano perpendicolari alle rette di riferimento. Prendendo perciò come assi di riferimento l’equatore ed un meridiano fondamentale (detto meridiano zero, che dal 1884 corrisponde a quello passante per l’Osservatorio di Greenwich, vicino a Londra) si potranno avere le coordinate di un punto misurando, mediante un arco di circonferenza, la distanza che intercorre tra esso e gli assi di riferimento. Infatti la longitudine è la distanza di un punto dal meridiano fondamentale; essa è data dall’arco di parallelo che intercorre tra il punto medesimo ed il meridiano zero. La latitudine è la distanza tra un punto e l’equatore indicata dall’arco di meridiano interposto tra essi. Essa si distingue in latitudine nord e latitudine sud a seconda dell’emisfero. Sia per la longitudine che per la latitudine l’unità di misura usata è quella del grado e delle sue frazioni.
Mediante l’utilizzo di meridiani e paralleli è possibile rappresentare la superficie terrestre o parte di essa su un piano; la carta geografica perciò può essere definita come una rappresentazione della superficie terrestre avente tre caratteristiche: essa è “approssimata” perché la sfera terrestre nella rappresentazione su un piano subisce inevitabilmente delle deformazioni; è “simbolica” in quanto, ai fini di riprodurre i molteplici elementi presenti sulla superficie presa in esame, è necessario utilizzare dei simboli convenzionalmente accettati; è “ridotta” giacché non sono riprodotte le grandezze reali della superficie rappresentata; infatti i rapporti di proporzionalità tra le lunghezze reali e quelle applicate sulla carta sono dettate dall’impiego della scala che stabilisce il rapporto tra una lunghezza misurata sulla superficie terrestre e la lunghezza ad essa corrispondente sulla carta. La scala numerica indica il rapporto tra le lunghezze reali e quelle riportate nella rappresentazione cartografica; essa è data da una frazione numerica in cui il numeratore indica l’unità di misura ed il denominatore le volte che le grandezze reali sono state ridotte. La scala 1/10.000 (scritta anche in forma di 1:10.000) indica perciò che ad una unità della carta corrispondono 10.000 unità uguali sul terreno; questo significa che se prendiamo come unità di misura il centimetro, ad un centimetro rappresentato sulla carta corrisponderanno 10.000 centimetri sul suolo.
Per far sì che una rappresentazione cartografica sia perfettamente fedele alla superficie terrestre rappresentata, essa dovrebbe mantenere i rapporti tra le aree, non modificare i rapporti tra le lunghezze e non alterare sul piano gli angoli rispetto alla rete delle coordinate terrestri, ciò nonostante non esiste un metodo di rappresentazione cartografica della sfera terrestre che possa soddisfare contemporaneamente queste tre condizioni, giacché esistono inevitabilmente delle alterazioni che sono direttamente proporzionali alla superficie che si vuole rappresentare e perciò indirettamente proporzionali alla scala usata; per questo motivo la rappresentazione cartografica della superficie terrestre o di una parte di essa su un piano si avvale delle proiezioni; esse si distinguono principalmente in due gruppi: proiezioni vere e proprie fondate su principi matematici e proiezioni convenzionali basate su regole empiriche e non matematiche; non potendo evitare alcune alterazioni e tenendo presente che la rappresentazione cartografica diviene tanto più difficile quanto più grande è la superficie che si vuole rappresentare, la scelta della proiezione è indissolubilmente legata allo scopo della carta.
La Carta topografica d’Italia elaborata dall’Istituto Militare Italiano (I.G.M.) e composta da oltre 2.000 fogli con scala 1:25.000 o 1:50.000 fu terminata nel 1921; la proiezione utilizzata è quella di Gauss-Boaga, detta anche proiezione universale traversa di Mercatore, ove il cilindro che avvolge il globo terrestre ha il proprio asse corrispondente al diametro equatoriale. Utilizzando come meridiano fondamentale quello passante per Monte Mario, nei pressi di Roma, il reticolato costruito rispetta l’equidistanza lungo il meridiano centrale ed è inoltre isogonico. Il territorio nazionale è stato suddiviso in due fusi di 6° ciascuno: il fuso Est ed il fuso Ovest ove quest’ultimo è stato prolungato verso Est di 30` (ossia fino al meridiano di Roma) in modo da ottenere una continuità cartografica tra i punti localizzati in fusi diversi per i quali esiste una doppia cartografia.
La Carta topografica d’Italia con scala 1:100.000 è costituita da circa 285 fogli; ogni foglio è stato suddiviso in quattro carte, dette quadranti, con scala 1:50.000. Le tavolette sono invece rappresentate con scala 1:25.000 e sono quattro per ogni quadrante.