1) La posizione dell’accento all’interno della parola
Normalmente l’accento non si sposta nel passaggio dal latino alle lingue romanze, tranne in alcune categorie di parole. In latino la quantità ha valore fonologico, esistono in latino coppie minime che si differenziano solo per la quantità della vocale tonica: s”olum (o breve) suolo s>olum (o lunga) solo, osserva il dittongo dell’italiano di “o in sillaba libera, e la o chiusa di solo; p”alus palo p>alus palude. Finché esiste nel parlante la consapevolezza della quantità la pronuncia di queste parole è ben diversa, presto però si ha la perdita della quantità a vantaggio della qualità, quello che importa è il timbro, l’apertura o chiusura delle vocali: coppie minime con differenza tra vocale aperta e chiusa, franc pomme pronuncia aperta mela, paume o chiusa palmo, il francese ha anche grafia diversa ma nella pronuncia l’apertura e chiusura è l’unica differenza perché nel parlato non si avverte il raddoppiamento consonantico; paume in francese antico invece si pronunciava col dittongo. In latino se una vocale è lunga la sillaba è lunga, se è breve dipende dalla posizione: portam, ille, bisillabe, l’accento cade sulla penultima lunga o breve che sia; in entrambi i casi la vocale è breve ma in sillaba chiusa, dunque la sillaba è lunga. In parole trisillabe o quadrisillabe va determinata la quantità della penultima, integrum e apertum hanno entrambe penultima sillaba con vocale breve ma diversa è la posizione dell’accento: nel primo caso la penultima sillaba è breve perché libera, dunque non può portare l’accento che cade sulla terzultima; apertum ha penultima sillaba con vocale breve ma chiusa, dunque la sillaba è lunga e deve portare l’accento. La sillaba è chiusa quando la vocale è seguita da un gruppo consonantico differente da un gruppo formato da occlusiva + liquida, in integrum la vocale è in sillaba libera perché gr appartiene alla sillaba successiva, non fa posizione; un altro gruppo consonantico chiude la sillaba, il caso di apertum che ha la penultima lunga per posizione.
Casi di spostamento d’accento nel passaggio alle lingue romanze:
– proparossitoni con vocale breve nella penultima sillaba seguita da occlusiva + liquida:
ìntegrum è stato pronunciato intégru e da qui it = intero franc = entier, spagn = entero, port = inteiro;
cathedra pronunciato catédra port cadeira = sedia o cattedra, carega o cadrega nei dialetti settentrionali d’Italia = sedia;
ténebras pronuncia tenébras (in alcune zone della romania), spagnolo tinieblas, francese tenébres;
ricorda, tenebre cattedra e integro sono parole dotte o latinismi o cultismi che non riflettono i passaggi fonetici che presiedono all’evoluzione dal latino alle lingue romanze: una parola come cattedra già in latino doveva essere usata solo in certi ambienti colti, mentre da integrum abbiamo le due forme, gli allotropi, uno di tradizione ininterrotta o popolare e un altro di tradizione interrotta o latinismo, recupero posteriore con variazione semantica. Perché queste parole possono subire uno spostamento d’accento? È stata avanzata un’ipotesi plausibile, si è osservato che in genere i gruppi consonantici formati da occlusiva + liquida nel passaggio alle lingue romanze, specialmente in italiano, raddoppiano l’occlusiva: duplum doppio, labra labbra, ebrum ebbro; si è ipotizzato che anche nei proparossitoni almeno a livello di parlato si sia raddoppiata la consonante, integrum sarebbe stato pronunciato intéggru, e così la penultima sillaba diventa chiusa e l’accento deve spostarsi sulla penultima in quanto essa è ora lunga. L’ipotesi funziona anche se è strano che proprio in italiano dove è così tipico il raddoppiamento trisillabi con queste caratteristiche abbiano dato solo la forma dotta (tenebra non sposta l’accento).
– Presenza di i ed e toniche in iato nella terzultima sillaba: filìolum mulìerem faséolum parìetem lintéolum; i/e con la vocale seguente sono in sillabe differenti, in questo gruppo di parole l’accento si sposta quasi sempre sulla vocale della penultima: figliolo, prov filhol, spagn hijuelo; muliére mogliera, fasiòlu fagiolo frisuelo, pariéte parete, linteòlu lintiòlu lenzuolo. In tutti questi casi le vocali toniche in latino classico si sono trasformate in jod, una semiconsonante; ne siamo sicuri perché solo così si spiega l’evoluzione delle lingue romanze, l’italiano figliolo ha una palatale laterale che rappresenta la naturale evoluzione di lj, così per il diverso suono palatale dello spagnolo ijuelo; è frequentissimo che i ed e in iato in latino diventino j in italiano. Ci sono due possibili spiegazioni a questo spostamento dell’accento: i ed e trasformandosi in jod non possono più portare l’accento il quale si sposta sulla vocale vicina, in quanto non può stare su una semiconsonante; secondo altri i ed e atone in iato sono diventate jod dopo lo spostamento dell’accento, quindi la trasformazione in jod sarebbe la conseguenza e non la causa dello spostamento dell’accento; deve esserci stata una fase in cui la i di filiolu avrebbe avuto pieno statuto vocalico dopo che l’accento fosse stato attratto sulla o perché vocale più forte di i. Nell’italiano figliolo lo jod è scomparso, la seconda i è un semplice segno grafico convenzionale che indica la pronuncia palatale del gruppo gl, altrimenti avrebbe pronuncia velare come in gladiolo, la i è solo una convenzione della grafia italiana: in provenzale il suono laterale palatale è lh, in italiano si è stabilizzato nel trigramma gli.
– Verbi composti:
si può avere spostamento di accento a causa del fenomeno della ricomposizione: implicat, da plicat che ha i breve, se precede prefisso e si aggiunge terzultima sillaba l’accento si sposta su di essa, ìmplicat; ma nella lingua parlata l’accento è tornato sulla sillaba radicale, implìcat, franc emploie, it impiega; dìsplicet displìcet displacet dispiace, franc deplait, i risultati sono chiaramente di un displacet; récipit recìpit riceve. In altri casi l’accento rimane come in latino: còllocat colloca, l’accento resta sul prefisso; ciò soprattutto in italiano lingua più vicina al latino.
– Metaplasmi di coniugazione:
qui lo spostamento è determinato da mutamento morfologico: avviene specialmente nel parlato tra la II e la III coniugazione latina, debere in alcune zone è diventato débere ed ha dato provenzale deure; movére mòvere muovere mover; respondére respòndere rispondere repondre; passaggi dalla III alla II sàpere sapére franc savoir, càdere cadére in tutte le lingue romanze, franc cheoir. Nota: nelle lingue ibero-romanze tutti i verbi della III latina sono letti come verbi della II e l’accento cade sulla desinenza. Alcuni verbi restano identici al latino: legere leggere.
2) Il sistema vocalico del latino volgare e le evoluzioni spontanee del vocalismo tonico
Il sistema latino era pentatimbrico e aveva dieci vocali, cinque lunghe e cinque brevi. La a è la vocale centrale e nel sistema romanzo, quando alla quantità si sostituisce la qualità, ha il ruolo di vocale più aperta; la i e la u sono le vocali estreme, la e e la o sono intermedie. Nel sistema italico, tipico però anche di altre lingue romanze, la >i rimane i, “i >e danno e chiusa, “e dà e aperta, >a “a danno a, “o dà o aperta, >o “u danno o chiusa, >u dà u. Ritroviamo questo sistema base identico in provenzale, in italiano è la base ma non è esattamente questo: in italiano come in altre lingue romanze va specificato se la vocale si trova in sillaba libera o chiusa.
Altri sistemi vocalici sono il sistema sardo, usato in Sardegna e nell’area di Lausberg, Calabria e Lucania, dove c’è un conguagliamento delle vocali lunga e breve di ciascun timbro, sistema semplice pentavocalico; sistema siciliano, che anch’esso riduce le vocali da dieci a cinque ma in modo differente: >i “i >e danno i, “e dà e aperta, >a “a danno a, “o diventa o aperta, >o “u ucem e cr”ucem, “u ed >u in questo sistema danno la stessa evoluzione u, non così nel toscano, >u u luce, “u o croce. La traduzione da un sistema ad un altro ha portato a questi scompensi nelle rime, ma ciò è vero per noi e non lo era per i poeti toscani dell’epoca che leggevano i testi dei siciliani in forma toscanizzata. Altro sistema periferico è quello balcano-romanzo, alla base del romeno, risultato di due sistemi diversi: >o “o danno o chiusa come nel sardo, >u “u danno u come nel sardo, per le altre vocali il balcano-romanzo si comporta come il romanzo comune o italico o del latino volgare.
Sistema vocalico dell’italiano:
se la vocale è in sillaba chiusa riproduce il sistema del romanzo comune, in sillaba aperta ci sono dei cambiamenti, fenomeno del dittongamento spontaneo o dittongazione romanza. Si tratta di fenomeno complesso e molto studiato, presenta aspetti curiosi perché non avviene allo stesso modo in tutte le lingue romanze, non è facile quindi comprenderne la genesi. Se “e ed “o del latino classico si trovano in sillaba libera abbiamo i dittonghi ascendenti ie ed uo: p”edem piede, b”onum buono. In castigliano non c’è distinzione tra sillaba aperta e chiusa, “e breve latina da dittongo ie, “o dà ue: b”onum bueno, p”ortam it porta spagn puerta, sillaba chiusa. Si è ipotizzato che la sillabazione del latino parlato nella penisola iberica fosse diversa da quella del resto della romania, porta sarebbe stato po-rta con la vocale a chiudere la sillaba e di conseguenza sarebbe avvenuto il dittongamento; si è fatta quest’ipotesi perché si è notato che nelle altre lingue romanze il dittongamento è sempre in sillaba libera. Il provenzale riproduce esattamente il sistema del latino volgare, i dittonghi provenzali sono frutto di evoluzione condizionata (vedi sotto); nella lingua d’oc non c’è dittongamento spontaneo. Il francese come l’italiano distingue tra sillaba aperta e chiusa: come in italiano per le sillabe chiuse lo schema corrisponde al latino volgare, tranne il fatto che la o chiusa derivata da >o ed “u diventa u che però in francese è scritta ou: cohortem cortem corte court, ou è la u italiana e non turbata che sarebbe l’evoluzione di u lunga. Più complessa la situazione in sillaba libera, ci sono una serie di dittonghi: come in italiano e a differenza del castigliano essi si sviluppano solo nelle vocali toniche in sillaba libera, ma diversamente da entrambi dittongano anche e chiusa ed o chiusa derivate da “i >e oppure >o “u, che non dittongano né in italiano né in castigliano dove dittongano solo la e e la o aperte derivate da “e “o. Nel francese moderno in alcuni casi si tratta di dittonghi grafici e non fonetici: alcuni dittonghi che erano tali nel francese antico si sono monottongati in epoca abbastanza antica. >I da i in sillaba aperta e chiusa; >u dà u turbata; “e cioè e aperta del latino volgare dà ie, p”edem pied; >a “a dà e chiusa o aperta, aperta se seguita da consonante pronunciata, chiusa se seguita da consonante muta o si trova in fine di parola: matrem mère, pratum prait; e chiusa da >e ha una lunga storia, dittonga dapprima in ei dittongo discendente (X-XI sec) e rimane in alcune varietà linguistiche del Nord della Francia e in quella parlata in Inghilterra, ma nella maggior parte delle varietà d’oil ei già nell’XI sec diventa oi così scritto e pronunciato: tres trei troi, p”inum pein poin; oi è la grafia odierna ma la fonetica si è modificata, diventa oe ascendente, we con semiconsonante tra fine di XI e inizio di XIII, ua solo dopo (vedi sopra), era presente a Parigi dal XIV sec. Oggi oi si può pronunciare ua oppure e, in alcuni casi il dittongo oi si è pronunciato e anziché we, diversificazione che si realizza nei secc XVI-XVII ma si trova già in qualche caso nel XIV sec: in alcuni gruppi di parole oi proveniente da e chiusa del latino volgare proveniente da >e oppure “e, per esempio in monetam, anticamente scritta monnoie ma la pronuncia era monné, la stessa grafia poteva essere pronunciata in modi diversi, dunque si ricorre alla grafia ai, monait si pronuncia monet, altrimenti ci sarebbero stati problemi nel decidere quando pronunciare we e quando e la stessa grafia oi, alcuni e fra i primi Voltaire nelle sue opere teatrali hanno proposto per le parole in cui la pronuncia era e la grafia ai che da epoca antica (chanson de Roland fine XI sec) traduceva il suono e aperta. Gli imperfetti e i condizionali: davo franc ant donnois pronunciato doné, oggi donais. La grafia ai introdotta a fine Settecento è diventata ufficiale nel 1835 quando è approvata e accolta nel vocabolario compilato in quell’anno dall’Academie française; ancora pochi testi di inizio Ottocento conservano la grafia oi anche per le parole dove il dittongo era pronunciato e. “O nella fase più antica diventa uo, fine XII sec ue così scritto e pronunciato oppure oe, nel corso del XIII sec monottonga nel suono turbato gallo-romanzo e gallo-italico, scritto oe eu ue ueu: novum nuef neuv, cambio di grafia dal XIII sec corrisponderà a cambio di pronuncia. La grafia ue in linea di massima si pronuncia ue, ma non si può escludere che in qualche testo del XIII sec avesse la pronuncia turbata; d’altronne anche in italiano la grafia impiega più tempo a cambiare, tucto e et in Petrarca. “U e >o danno ou eu suono turbato, il risultato finale (XIII sec) è lo stesso di “o, la grafia è sempre eu oppure ue: florem flour fleur nel XII sec pronunciato fleur, dal XIII con pronuncia turbata. Il francese è la lingua più complessa e con maggiori modificazioni del vocalismo.
3) I dittonghi latini
Sono tre, ae oe au. I dittonghi ae oe monottongano presto, nel I sec d. C. sono già monottongati e la pronuncia e rispecchia questa situazione; abbiamo iscrizioni antiche che lo provano che non vanno oltre il I sec d. C, ae troviamo casi di confusione e ipercorrettismo: se ae ed e si pronunciano allo stesso modo non si sa dove porre il dittongo che quindi si mette in parole dove non c’era in origine. Il dittongo ae si evolve come “e quindi e aperta che in sillaba libera dittonga, oe come >e dunque e chiusa. Caelum da cielo, il dittongo si vede solo nella grafia, celo è 1 pers sing di celare, i grafica e distintiva. In pochi casi ae diventa e chiusa: saetam ha dato it seta e franc soit, difficile dire perché ma il dittongo di questa parola non è stato pronunciato come e aperta. In altri casi le lingue romanze hanno risultati diversi: praedam, it preda franc proie, it e aperta dunque normale come “e, ma in effetti dovrebbe dare dittongo prieda, mah.
Il dittongo au è più resistente rispetto agli altri, è pronunciato più a lungo nella lingua parlata e lo sappiamo da varie spie: nelle iscrizioni troviamo parole scritte con dittongo au a lungo, ma abbiamo qualche esempio in epoca antica di au monottongato in o, il risultato in generale che raggiunge nelle lingue romanze. Poi mentre ae ed oe hanno monottongato in tutte le lingue romanze, il monottongamento di au non è panromanzo, e i fenomeni fonetici panromanzi sono i più antichi, avvenuti in epoca precoce nel latino volgare e irradiatisi in tutte le lingue romanze. Questo sarebbe conseguenza della teoria delle onde, l’onda che arriva più lontano è la prima che si forma, le altre sono più deboli, le onde sono i fenomeni linguistici; teoria ottocentesca un po’ semplicistica, prendi con le molle, viene rielaborata dalle norme areali di Matteo Bartoli: quella che si avvicina di più alla teoria delle onde è quella delle aree laterali, nelle quali si trovano fenomeni più antichi di quelli dell’area centrale. Nella romania approssimativamente le aree laterali sono penisola iberica e Romania, l’area centrale è formata da Italia e Francia; la teoria è vera soprattutto a livello lessicale: il verbo parlare, da fabulare in spagnolo portoghese e romeno, da parabolare in italiano e francese; il modo per fare il comparativo unisce penisola iberica e Romania, da magis nelle aree laterali, da plus in area centrale. La parola dell’area centrale è un’innovazione arrivata nell’area centrale ma che non ha avuto il tempo di diffondersi nelle aree laterali, il latino non aveva più la forza di arrivare in tutta la romania. Tornando a bomba il dittongo au si monottonga in o ma rimane in provenzale: aurum, it e spagn oro, franc ore, prov aur; causam it spagn cosa franc chose, prov cauza (leggi con s sonora). Il dittongo au si trova in francese antico ma non quello primario del latino ma secondario, creatosi a causa della caduta di una consonante. Altro esempio di dittongo secondario: alterum, franc autre, l davanti a consonante si è vocalizzata, tipico della lingua d’oil; questo dittongo è trattato come quello primario, si monottonga, ma qui nel franc moderno si è monottongato, ma nella fase medievale non si è monottongato, si è sempre pronunciato au, la grafia resta arcaizzante ma la fonetica si evolve. Esempio di dittongo au secondario dovuto a caduta di consonante: fabula, it favola fola franc fole, per quest’ultimo la b intervoc è caduta e au dittongo secondario si è monottongato, qui trattato sia in it che in franc come se fosse primario; lo stesso in provenzale, faula, il dittongo resta come abitudine del provenzale e faula corrisponde all’it favola. Altro caso: gaudia franc joye perché godye d+y = y goye, dittongo oi trattato come l’esito di e, poi oi si evolverà nella pronuncia secondo la consuetudine del francese. Chose francese: ci permette di dire qual è la cronologia dei fenomeni fonetici: abbiamo caduta di m finale, trasformazione di a finale in e, sonorizzazione di s latina; analizziamo il monottongamento di au e la palatalizzazione di k iniziale che passa prima ad affricata poi a fricativa palatale sorda, tipico della lingua d’oil; questa palatalizzazione avviene davanti ad a, cioè k davanti ad a diventa ch poi sc, quindi è avvenuta prima del monottongamento di au: causa chausa chause chose; il monottongamento dunque è più recente della palatalizzazione di k davanti ad a e del monottongamento di ae ed oe. Altro caso: paucum it e spagn poco, abbiamo caduta di m finale, trasformazione di u atona in o, au monottonga ma la sorda k intervocalica non sonorizza in nessuna delle lingue, perché? il monottongamento è più tardo della sonorizzazione di consonante intervocalica, perciò in latino si trovava tra semiconsonante e vocale; quando au si è monottongato e k si è trovata tra vocali, la sonorizzazione di consonanti intervocaliche era già esaurita: avremo avuto paucum pauco poco. Tutto sommato il monottongamento di au è fenomeno recente, non abbiamo una data ma è certo avvenuto dopo alcuni altri fenomeni fonetici che ci fanno capire la sua recenziorità insieme alle iscrizioni.
Altro esempio di applicazione di cronologia relativa:
osserviamo le parole tepidum e generum, franc tiede e gendre, partiamo da due parole latine proparossitone con una “e tonica in sillaba libera, ma in tiede c’è dittongo, in gendre manca, perché? In entrambe c’è sincope di vocale postonica, i ed e sono cadute come ci dicono gli esiti. La sincope, pur essendo fenomeno generalizzato, non si realizza per tutte le vocali nello stesso momento: i atona postonica cade per sincope dopo e atona postonica, la sincope di e postonica è più antica di quella di i. La sincope provoca gruppi consonantici secondari e si chiude la sillaba dove si trova la vocale tonica: genru, la sillaba che era libera diventa chiusa, dunque la vocale non dittonga; in questa parola la sincope è avvenuta prima che e tonica potesse dittongare, prima si ha sincope di e atona poi dittongamento di e tonica. In tepidum abbiamo il dittongo perché la sincope di i atona è avvenuta dopo il dittongamento: tepidum tiepidu tiepdu tiede. Dunque nell’ordine sincope di e postonica, dittongamento di e tonica, sincope di i postonica.
Esempio:
d>ebita, franc det; >e dovrebbe dittongare ma la sincope di i avviene prima che >e possa dittongare in oi, il dittongamento di e lunga tonica è fenomeno più recente di tutti gli altri prima visti. Il dittongo di “e in sillaba libera è quasi panromanzo, quello di >e avviene solo in francese, altro indizio di recenziorità come detto.
4) Evoluzioni condizionate del vocalismo tonico
A) Metafonesi
Fenomeno chiamato anche metafonia o armonizzazione, processo innescato da alcune vocali finali del latino che provoca chiusura o dittongamento di vocale tonica. Le vocali finali che agiscono sono >i ed u. Portoghese: focum (occhio il portoghese non ha dittonghi spontanei, non stupisce che sia diverso da fuoco fuego feu), esito fogo con o chiusa, strano perché in latino avevamo o breve che dovrebbe dare o aperta; la u finale agisce su o aperta che per metafonesi è chiusa; plur focos fogos con o aperta, o finale non agisce per metafonesi. Metum: spagn miedo dittongo regolare spontaneo di “e in sillaba libera, port medu con e chiusa per metafonesi causata da u finale. Si chiama armonizzazione perché u è vocale chiusa e armonizza a sé la vocale della sillaba precedente. F>ec>i: spagn >e dovrebbe dare e chiusa, che si chiude per metafonesi e diventa hice (leggi hize con z sorda). F iniziale latina spesso scompare in spagnolo perché pronunciata come leggera aspirazione: ferrum spagn hierro, nella grafia abbiamo h ma in spagnolo l’aspirazione non si pronuncia, h puramente grafica. F davanti a una liquida si conserva, frio da frigidum, resta sia in grafia che in pronuncia; rimane davanti a dittongo ue, fuego da focum, sia in grafia che in pronuncia. In qualche caso nello spagnolo medievale si conserva la grafia latineggiante con f, fierro, ma la pronuncia è ierro; nelle parole dotte spagnole f va pronunciata anche se non seguita da r e da ue. I lunga finale di fec>i diventa e per analogia, nella morfologia verbale abbiamo e.
Heri: provenzale ier e er, il provenzale non ha dittongo spontaneo, il dittongo è dovuto a metafonesi di i finale che poi cade; in provenzale si hanno sia forma metafonetica sia forma spontanea; anche in italiano abbiamo dittongo in ieri, ma nell’it è spontaneo, nel prov è metafonetico.
La metafonesi non c’è nell’italiano standard ma nei dialetti ce ne sono vari tipi: in napoletano si ha metafonesi di “e dovuta ad u finale: ferrum fierro, mortum muortu, pietra pedra niente metafonesi; russu rossa, la vocale finale è indistinta, nel maschile c’è u metafonetica, al femminile dove c’è a finale la vocale tonica si evolve normalmente in o chiusa; lo stesso per siccu secca.
B) Fenomeno in cui la vocale tonica è condizionata da un suono palatale contiguo: la nasale o affricata o fricativa palatale crea anomalie nell’evoluzione del vocalismo tonico: cunea cugna, u si chiude a causa della palatale nasale gn che si è sviluppata da n seguita da j che si sviluppa da e in iato, nj = gn fenomeno panromanzo; lucta lucha, il suono palatale ch è evoluzione normale in castigliano di ct e fa sì che u non evolva in o chiusa ma in u; noctem noche lectum lecho, in castigliano ci aspettiamo un dittongo perché “e ed “o dittongano anche se sono in sillaba chiusa, il suono palatale impedisce la dittongazione; folia lj in lingue romanze gl, castigliano g affricata palatale sonora che impedisce il dittongamento di vocale tonica, hoja; factum hecho, ct diventa ch, mostra come anche la a vocale più stabile del sistema possa essere condizionata dalla palatale, si palatalizza la vocale, a si chiude in e; multum anche lt in castigliano sviluppa suono palatale ch forse attraverso un j, mujto mucho, in spagnolo abbiamo anche l’esito muj con j e in portoghese abbiamo muitu sempre con j, la palatale ch influenza la “u che si chiude in u partendo da o chiusa.
C) Anafonesi
Chiusura della vocale tonica dovuta ad alcuni gruppi consonantici successivi.
Graminea: e in iato diventa j, n+j nasale palatale che influenza la vocale tonica “i che invece di dare e chiusa da i, gramigna; gramegna è forma di alcuni dialetti italiani non anafonetici.
Secondo esempio: familiam, lj = laterale palatale, determina la chiusura di vocale tonica, famiglia non fameglia.
Terzo esempio: linguam, n + velare sonora che influenza la “i, lingua non lengua; esempio parallelo con velare sorda, da tincam tinca non tenca. Anche la “u è influenzata da gruppi n + velare e subisce anafonesi: fungum fungo non fongo, ungulam unghia non onghia. La chiusura di “i davanti a palatale non è fenomeno che avviene sempre, è sistematico davanti a laterale palatale (tranne in parole dotte), non davanti a palatale nasale: succede solo se la palatale nasale deriva da n+j, non da gn del latino. Esempio: ligna legna, dignum degno, “i dà e chiusa, la palatale è risultato dell’evoluzione del nesso gn pronunciato velare; questo evidenzia che nel processo evolutivo questo suono ha avuto percorsi diversi. Inoltre la o chiusa che proviene da “u e >o si chiude solo davanti a n + occlusiva velare sonora: truncum tronco, n + velare sorda ha regolarmente o chiusa; nel primo caso abbiamo evoluzione condizionata (n+g), nel secondo spontanea (n+c). Il francese famille si comporta come l’italiano, e chiusa si chiude in i per influsso della palatale; nella pronuncia moderna è j, in quella antica c’era la laterale palatale che ha influenzato la vocale. Anche il provenzale è lingua anafonetica: mirabilia meravelha meravilha, it meraviglia, ma il prov ha anche meravelha, lingua libera come sempre, sia evoluzione condizionata sia spontanea nello stesso testo o nello stesso autore. In provenzale la posizione prepalatale della vocale tonica può provocare anziché la chiusura il dittongamento cioè l’apertura: se la vocale tonica spontaneamente avrebbe come risultato una vocale chiusa essa può chiudersi ulteriormente, se invece il risultato spontaneo è una vocale aperta, davanti a un suono palatale può aprirsi ulteriormente e quindi dittongarsi. Melius, mels con e aperta evoluzione spontanea, ma il suono palatale causa dittongo, miels con dittongo condizionato. Il dittongamento davanti a palatale è possibilità, ricordiamo che il dittongo del provenzale è solo condizionato, metafonetico o provocato dal suono palatale. Folia: folja con o aperta evoluzione spontanea, fuolha o fuelha, due tipi di dittongamento condizionato provenzale: tre forme sul piano fonetico, di più su quello grafico perché la lh può essere scritta almeno in altri tre modi. Nel francese la vocale tonica può essere condizionata da un suono che viene prima: a latina in sillaba libera dà e chiusa che dittonga se preceduta da suono palatale: caput, k davanti a a diventa suono palatale prima ch poi sc, a dovrebbe dare e ma diventa ie dittongo discendente, chìef, tra XII e XIII avviene lo spostamento dell’accento del dittongo, chièf, nel XIII l’affricata iniziale diventa fricativa, i diventata j non è più pronunciata, pronuncia scef grafia chef; dalla pronuncia antica di questa parola deriva l’it ceffo. Capram parallelo, chìevre chièvre chevre, anche qui evoluzione condizionata del vocalismo tonico.
D) Nasalizzazione
Suoni nasali che seguono la vocale tonica possono condizionarla, fenomeno che agisce in tutte le lingue romanze in maniera più o meno massiccia. Anche in italiano vocali che dovrebbero essere aperte sono chiuse perché seguite da nasale: comitem conte, o chiusa anche se “o è in sillaba chiusa per sincope, lo stesso in spagnolo conde; spagn ombre la “o non dittonga ma è chiusa: hominem sincope omne dissimilazione omre b epentetica omorganica ombre; la o è chiusa per la nasale successiva. In italiano e spagnolo questi fenomeni non sono sistematici, in provenzale se vocale tonica è seguita da nasale è sempre chiusa, anomalo rispetto agli altri fenomeni qui la chiusura è obbligatoria: venit ve, ventum ven, bonum bon oppure bo, n è caduca e può quindi non esserci, è di solito la n intervocalica latina, ma la vocale è comunque chiusa, ventum vent. Sappiamo che in provenzale la chiusura è obbligatoria dalle testimonianze dei grammatici e dall’analisi delle parole in rima dei testi poetici: in provenzale come in francese non possono rimare vocali aperte e vocali chiuse, le vocali in rima devono avere lo stesso timbro, diverso dall’italiano. Le lingue che hanno subito di più l’influsso delle nasali sono il francese e il portoghese: il francese ha vocali toniche nasalizzate, fino al XVI secolo le vocali toniche venivano nasalizzate anche se la nasale era eterosillabica, si trovava in una sillaba diversa da quella della vocale tonica; tra XVI e XVII c’è stata una denasalizzazione per cui le vocali nasalizzate da una nasale eterosillabica vengono denasalizzate: plena plenum franc pleine e plein, in pleine la vocale tonica non è nasalizzata in francese moderno, nel maschile è nasalizzata; poiché nel femminile la vocale finale si mantiene la nasale è nella sillaba seguente, nel maschile la vocale finale scompare e la nasale si trova in sillaba chiusa, la nasale è nella stessa sillaba della vocale tonica quindi nasalizza; in francese antico erano nasalizzate entrambe le vocali, del maschile e del femminile. La e di plenum è lunga ma non dà dittongo ei poi oi, in questo caso rimane al primo stadio ei, plein, perché la nasale ha impedito la successiva evoluzione. In francese non tutte le vocali seguite da nasale si nasalizzano nello stesso periodo: e nasalizza già nel XII sec, i si nasalizza dal XIII: in en già nasalizzata dal XII sec e lo deduciamo anche dalla grafia talvolta an, Merlin pronunciato come è scritto tutto il XII secolo, nasalizzato dal XIII.
5) Il vocalismo atono
Uno dei fenomeni più tipici del vocalismo atono è la sincope, fenomeno panromanzo anche se avvenuto con modalità e tempi diversi: le lingue romanze occidentali (ibero-romanze, gallo-romanze) presentano maggior numero di sincopi rispetto a quelle orientali, italiano e romeno; la lingua romanza con più sincopi è il francese. La sincope è la caduta di vocale atona soprattutto postonica: calidum caldo, la forma caldum è attestata in alcune fonti del latino volgare. La sincope è fenomeno panromanzo anche perché popolare, legato al parlato, risultato della lingua parlata velocemente, perciò è tanto diffuso; a fronte di alcune sincopi attestate in latino volgare ci sono esempi di assenza di sincope, esempio dell’appendix Probi articulum articlu, ma in italiano non abbiamo la parola che prosegue articlu ma abbiamo il latinismo articolo, forse perché è parola che è stata usata in ambito ristretto, non corrente nel linguaggio parlato, e in italiano ha mantenuto la forma dotta; in franc abbiamo article con sincope; in italiano proseguendo articlu avremmo avuto *artecchio.
Fenomeno della prostesi: anteposizione di vocale atona alle parole che cominciano con un nesso consonantico formato da s + consonante, s impura o s complicata. In italiano non c’è obbligo della prostesi, nelle altre lingue romanze occidentali è un obbligo e la vocale prostetica è sempre e: schola scuola ecole escuela, nel francese tra XIII e XIV cade anche s nella grafia, alla metà del XIII sec non è più pronunciata e la vocale e prende un accento puramente grafico; ricorda che le parole dotte possono non avere vocale prostetica. In italiano quando c’è è una i, quasi caduta in disuso tranne in sintagmi fissi in cui i serve a facilitare la pronuncia, ha valore eufonico ed evita gruppi consonantici non esistenti in italiano (per iscritto). In certi casi quella che viene sentita come i prostetica è in realtà etimologica: in Ispagna da Hispania, in franc e spagn c’è è etimologica, in it c’è stata aferesi di i dovuta al fatto che i fosse stata presa per prostetica a causa del nesso sp successivo.
6) Il consonantismo
Il consonantismo latino base non è sovrapponibile a quello delle lingue romanze, il latino volgare ha introdotto delle novità. Nelle lingue romanze abbiamo i suoni palatali sconosciuti al latino: gn gl nasale e laterale, le affricate e le fricative sorda e sonora. Consonante presente in latino e assente nelle lingue romanze è la fricativa aspirata h che scompare abbastanza presto, nelle iscrizioni si trova ic o per ipercorrettismo in un glossario heunt, spie che h non era più pronunciata e il segno grafico era anche dove non doveva. Il suono labiodentale v in latino non c’era, uinum aveva u semiconsonantica; il nostro suono è nato dalla u, ecco perché vu e non vi, c’è stata una diversificazione. Questo suono era prima pronunciato come fricativa bilabiale, incrocio tra b e v, suono tipicamente spagnolo, e per un periodo il latino volgare ha avuto questa pronuncia; con lo sviluppo delle lingue romanze c’è stata diversificazione tra v e b, la lingua che mantiene la diversificazione tra fricativa e occlusiva è lo spagnolo ma la grafia inganna: lo spagnolo attuale, se il suono è all’inizio, ha pronuncia occlusiva bilabiale comunque sia scritto, in posizione intervocalica è fricativo: beber fronuncia bever. È vero che le occlusive nel linguaggio veloce tendono a diventare fricative e nella catena sintattica anche la consonante iniziale di parola si può trovare tra due vocali e sarà fricativa. Nello spagnolo antico c’erano entrambi i suoni ma non si distingue in base alla fosizione ma all’etimologia: vino spagn ant vino spagn mod bino, saber spagn ant saber spagn mod saver, in base alla consonante latina da cui deriva: saber deriva da sapere, da p, c’è solo sonorizzazione ma la consonante rimane occlusiva, non si spirantizza; beber viene da bibere, abbiamo due fricative derivate da due occlusive sonore, ueuer. In spagnolo antico questi suoni sono fricativi tranne quando derivano da p latina, indipendentemente dalla grafia.
Consonanti in posizione intervocalica
Dentale sonora: tende a cadere nelle lingue romanze, l’italiano spesso la mantiene, videre vedere; in provenza cade, veure, ma c’è anche la forma con spirantizzazione, vezer detto veser; spagnolo antico cade occlusiva veer, spagnolo attuale ver; anche in francese cade d, voir; in romeno d rimane immutata, vedea.
Sibilante intervocalica: in latino è sempre sorda, in fiorentino dovrebbe rimanere sorda nella maggior parte dei casi ma da qualche anno si è diffusa anche a Firenze la pronuncia settentrionale con s sonora; in antico spagnolo s era sonora mentre oggi è pronunciata sorda; il francese e il provenzale hanno sonorizzazione, spesso in provenzale si scrive roza pronuncia rosa. Normalmente nelle lingue romanze avviene la sonorizzazione della sibilante.
Nessi consonantici + jod:
nj: palatale nasale gn, fenomeno panromanzo: vinea it vigna prov e port vinha spagn vigna franc vigne, evoluzione uguale può cambiare la grafia suscettibile di modifiche specie nei suoni palatali di questo tipo assenti nel latino e di cui non si hanno segni nell’alfabeto latino: grafie ni ngn nn nella fase antica.
lj: palatale laterale gl, alcune lingue hanno evoluzione differente: folia it foglia antico talvolta folgla pronuncia uguale, prov e port folha suono palatale, franc ant aveva la palatale oggi è fueille semplice riduzione a j; spagn ant oja con affricata o fricativa palatale, che poi diventa hota cioè una fricativa velare oha.
rj: vari risultati, it risultato j, aream aia; franc eprov inversione jr, prov aira franc aire pronuncia er, j forma dittongo con la vocale precedente e trattato come tutti i dittonghi francesi, ai pronuncia e da epoca antichissima, in provenzale invece il dittongo resta anche in pronuncia; spagn esito r, era. Corium cuoio cuéro, franc cuire prov coir accento su o, in franc l’accento si sposta sull’ultima sillaba.
Gruppi consonantici:
n+s: subisce fin da epoca antica semplificazione, cade nasale risultato s già in iscrizioni prima di Cristo: mensem mese mois, cultismo mensile; in iscrizioni si ha cossul, raddoppiamento forse grafico per s sorda, ma it console perché è rimasto come cultismo; vale per tutte le lingue romanze.
Occlusiva + dentale: evoluzioni diverse, it perlopiù assimilazione regressiva, fructum frutto; semplificazione, auctoritatem lat vulg autoritatem in iscr, it autorità, noctem notte nuit, lingue galloromanze esito normale it dove i è j almeno all’inizio; prov può evolvere it, nueit noit ma anche nueich o noch con aifricata palatale di solito scritta ch; spagn affricata palatale per ct, noche.
Gruppo cs grafia x; it assimilazione regressiva come ct, fraxinus frassino, oppure in sc coxa coscia; lingue galloromanze di solito is, franc cuis.
Esempio che non c’entra: cuniculum cunicolo cultismo, coniglio popolare ma francesismo derivato da conil pronunciato coniglie, passato in italiano dal francese antico (oggi si dice lapen).
Esempi di allotropia in francese: hospitalem dà hopitale forma dotta e hotel forma popolare; hopitale ha a tonica in sillaba libera che non diventa e, da qui si vede che è forma dotta; qui c’è stata diversificazione netta di significato, hotel scritto in ant franc hoitel alla base dell’it ostello francesismo, oggi la o di hotel ha l’accento circonflesso per la caduta di s, hostel è stato così scritto e pronunciato fino alla fine del XII secolo e l’it ostello copre tutta l’area semantica di hospitalem. Alternativa italiana albergo parola germanica, all’origine ricovero per i soldati.
Altra parola germanica: compagno, da cum panem, sost companionem, calco da una forma germanica galaiba = colui col quale si mangia il pane, compagno d’armi.
Altro caso: pensare, it pensare forma dotta senza semplificazione di ns, e pesare forma popolare; la semplificazione di ns è fenomeno antico e panromanzo, se è conservato siamo certi che la parola è dotta. Il francese oltre a penser e peser ha una terza forma panser = bendare (una ferita), medicare; in ant franc talvolta anche pensare è scritto panser, quella in a è grafia antica rimasta nella lingua moderna per diversificare la forma dotta da quella semidotta; il passaggio semantico è stato da pensare = prendersi cura di qualcuno.