Collocare l’azione o la situazione nel tempo è possibile grazie ai tempi verbali. Ogni azione o situazione può essere, rispetto al momento della comunicazione, cioè nel momento in cui la persona parla, contemporanea (es. io scrivo, tempo presente); anteriore (es. io scrivevo, ieri); posteriore (es. io scriverò, tempo futuro). Da questo si evince quali sono i tempi verbali più comuni: presente, passato e futuro. I verbi si possono distinguere sulla base della loro coniugazione in tempi semplici costituiti da una sola parola (es. scrivo) e tempi composti costituiti con l’aiuto degli ausiliari (es. ho scritto).
Il presente (scrivo) indica un avvenimento che si verifica nel momento in cui si parla (es. Maria cucina) ma può avere anche un valore iterativo o di consuetudine per azioni che avvengono abitualmente nel tempo (es. Andiamo in crociera ogni estate). Può indicare anche un presente anacronico o atemporale ovvero un evento che si colloca fuori dal tempo a validità perenne (es. Il mar tirreno bagna la Campania). Il presente viene impiegato anche per narrare fatti o azioni collocati nel passato assumendo, dunque, una valenza storica (es. Mozart muore a Vienna nel 1791). Nel linguaggio colloquiale, inoltre, si usa talvolta il presente al posto del futuro (es. il prossimo inverno vado a sciare).
L’imperfetto (scrivevo) indica un’azione passata considerata nel suo svolgimento. Si esprime così la durata di un’azione ma non il suo inizio e la sua fine. L’azione è abituale, ripetitiva e continuativa collocata nel passato. Può assumere un valore descrittivo (es. mentre il sole tramontava Dario la baciò), iterativo indicando un’azione che si ripeteva abitualmente (es. mio nonno andava sempre ai giardini), storico/narrativo usato al posto del passato in molte narrazioni (es. il malvivente scappava mentre la donna cadeva a terra); con valenza desiderativa/ottativa/di cortesia nel linguaggio parlato al posto del presente (es. volevo un kilo di pane) e per valenza onirica perché usato spesso nei racconti, nei sogni o nei giochi (es. io ero il re).
Il passato prossimo (ho scritto) serve per esprimere un’azione svoltasi in un passato recente, il cui effetto non è concluso e tende a perdurare (es. la settimana scorsa ho iniziato a leggere il libro che mi hai regalato). Questo tempo verbale si usa anche quando l’azione si è svolta in un periodo di tempo non ancora concluso (es. ho mangiato la pizza diverse volte nell’ultimo mese). Il passato prossimo è spesso corredato di avverbi che fanno riferimento al momento in cui si parla (già, ancora, etc.).
Il passato remoto (scrissi) indica un’azione che si è conclusa in un passato lontano privo di effetti e di legami con il presente (es. Giotto dipinse molte opere). Spesso il passato prossimo sostituisce il passato remoto nel parlare di tutti i giorni. Il passato remoto è più usato nella lingua scritta sia letteraria che giornalistica. il passato prossimo e il passato remoto non hanno precise demarcazioni di utilizzo, e grande è l’influenza delle abitudini regionali. In generale, nelle regioni settentrionali prevale il passato prossimo anche quando sarebbe più consigliabile il passato remoto. Nelle regioni meridionali, invece, prevale il passato remoto anche quando sarebbe più corretto il passato prossimo.
Il trapassato prossimo (avevo scritto) indica un’azione passata antecedente ad altre anche collocate nel passato (es. quando Maria bussò, io avevo già mangiato) ma anche nel presente (es. nevica anche se i metereologi avevano previsto pioggia). Il trapassato remoto (ebbi scritto) è ormai poco usato ed esprime anteriorità rispetto ad un passato remoto (es. appena ebbero mangiato, si rimisero a giocare).
Il futuro semplice (scriverò) indica un’azione che non si è ancora verificata e deve ancora verificarsi nel futuro. Può anche esprimere un’azione futura rispetto ad un’altra soprattutto quando si usa il presente storico. Il futuro semplice può indicare: una supposizione es.: avrai voglia di mangiare; un ordine es.: farai quello che ti ordina il capo; perplessità es.: sarà, ma io non ti credo.
Il futuro anteriore (avrò scritto) indica un evento futuro che risulta anteriore ad un’altra azione anch’essa futura. Potremmo dire che s comporta come i trapassati rispetto ai tempi passati. Può essere impiegato con valore concessivo (es. avremmo speso un sacco di soldi ma ci siamo divertiti).
Una menzione particolare meritano i verbi fraseologici. Si dicono fraseologici (che formano delle combinazioni fisse di più parole), detti anche aspettuali, quei verbi che precisano che l’azione sta per iniziare, inizia, continua e cos’ via. Questa tipologia di verbi può indicare l’inizio di un’azione che si sviluppa progressivamente (es. invecchiare); durata se esprimono un’azione che si prolunga nel tempo (es. dormire); un’azione istantanea (es. morire); la continuità di un’azione (es. io continuo a lavorare). Per la loro formazione si usa l’infinito, il participio o il gerundio.