Saggio del linguista francese Emile Benveniste (1902-1976), pubblicato nel 1969.
L’opera è divisa in due volumi: il primo dedicato ai termini dell’indoeuropeo relativi alle istituzioni dell’economia, della parentela e della società; il secondo dedicato al potere, al diritto e alla religione. Le istituzioni sono da intendere nel senso più ampio e costituiscono anche l’obiettivo globale dell’opera, ma il suo punto di partenza è rigorosamente ristretto: il vocabolario. B. usa il minimo di presupposti extralinguistici, anche se non trascura gli apporti interdisciplinari. Ciò cui ogni capitolo del Vocabolario mira è la precisazione del significato primario (“signification”) dei termini in esame per scrostarne lo spessore d’uso (“désignation”). B. ricorre a un continuo gioco tra strutture sincroniche, rappresentate dalle lingue, e il piano diacronico, rappresentato dalla loro storia. Analizzando l’opposizione lessicale tra sus e porcus, si parte dal riconoscimento della loro appartenenza all’indoeuropeo, per cercarne il rapporto di senso; la contrapposizione tra porco selvatico e porco d’allevamento non trova riscontro negli scrittori latini, né nel significato del termine suouetaurilia. Anche in base ad altre considerazioni la distinzione corrente cade, e i due termini van riconosciuti come sinonimi. Questo pleonasmo però spinge a esaminare più da vicino le testimonianze che determinano il senso di porcus. Inoltre mentre in indoeuropeo la forma su – è comune, porko non appare in indoiranico ma solo nei dialetti europei. Mentre la conclusione corrente a questo punto attribuiva alla comunità indoeuropea solo la conoscenza del porco selvatico e attribuiva la scoperta dell’allevamento di questo animale all’Europa, un’analisi comparativa consente a B. le seguenti conclusioni: l’indoeuropeo comune porko – designava il maialino; la dottrina corrente non regge; “esisteva un allevamento indoeuropeo del maiale”. Nel capitolo “Dare e prendere”, partendo da cinque termini distinti in greco per designare dono, si risolve il problema linguistico e insieme si ricava che lo scambio è un circuito di doni piuttosto che un’operazione commerciale, e inoltre che l’acquisto e la vendita da una parte, il commercio all’altra sono cose distinte. La dimensione temporale nell’opera di B., che così prende le distanze dal “manicheismo saussuriano”, diventa una dimensione esplicativa. Egli giunge a scoperte significative, come quella che concetti individuali, quali l’identificazione di sé, dipendono dalla sfera sociale: “È la società, sono le istituzioni sociali che costruiscono i concetti apparentemente più personali.” Il Vocabolario è quindi anche un utile repertorio di idee: denaro, prezzo e salario, amicizia e ospitalità, onore, giustizia, autorità, sono solo alcuni dei termini che la semantica diacronica permette di approfondire. La riflessione sulla lingua può certo essere piegata dall’ideologia ai fini più disparati; poiché però il senso delle parole quotidiane è uno strumento legittimo di chiarificazione delle idee, uno studio scientifico delle prime è l’unico che consenta una riflessione non emotiva sulle seconde.