Nella primavera del 1898 un cattivo raccolto del grano provoca un rincaro del pane, a scapito soprattutto degli strati più poveri della popolazione. Si registrano tumulti un po’ in tutto il nord, ma soprattutto a Milano, dove le truppe sparano sulla folla inerme, provocando centinaia di morti. Queste repressioni durissime e immotivate sollevano un’ondata di indignazione in tutto il Paese, suscitando una reazione altrettanto violenta da parte della popolazione: il 298 luglio 1900, il re Umberto I viene eliminato a Monza dall’anarchico Gaetano Bresci, tornato dall’America con il preciso scopo di vendicare i morti di Milano del 1898.
Il nuovo re, Vittorio Emanuele III affida l’incarico di formare il nuovo governo a Giuseppe Zanardelli, il quale però, dopo appena due anni è costretto ad abbandonare l’incarico per motivi di salute, lasciando il posto a Giovanni Giolitti che manterrà la carica per circa un decennio.
La grande sfida di Giolitti è quella di trovare un equilibrio tra le parti sociali. Tutte le classi devono poter esprimere i propri interessi, anche perché il paese non può prosperare se la maggior parte della popolazione resta in condizioni economiche disagiate. È per questo che concede ampia libertà di sciopero, limitandosi a garantire l’ordine pubblico e aspettando un accordo tra lavoratori e padroni.
Giolitti riesce a promuovere una serie di riforme per risolvere una serie di problemi che sono alla radice del malcontento popolare.
Viene migliorata la legislazione in favore dei lavoratori infortunati e di coloro che devono lasciare il lavoro per limiti di età, vengono emanate nuove norme sull’invalidità, sul lavoro delle donne e dei minori, viene stabilito il diritto al riposo settimanale e l’obbligo dell’istruzione elementare viene esteso fino al dodicesimo anno di età.
In materia di pubblica sanità, si ricorda la distribuzione gratuita del chinino, un medicinale contro la malaria, che in meno di dieci anni, insieme ad altre riforme nel settore igienico-sanitario determineranno un miglioramento delle condizioni di vita della popolazione.
Il maggior benessere generale favorisce anche il risanamento dell’economia nazionale, consentendo allo stato di accrescere la quota annua delle entrate. Nel complesso, i redditi agricoli conoscono una rilevante crescita e un notevole sviluppo si conosce anche nell’industria meccanica, chimica, tessile e alimentare.
Anche il vasto programma di lavori pubblici promosso dallo stato incide significativamente sull’economia nazionale, con l’estensione delle reti stradali e ferroviarie. Nascono anche le prime assicurazioni sulla vita.
Nel meridione, però, le strutture economiche e sociali restano sempre più indietro, con l’analfabetismo che supera il 50% della popolazione, alti tassi di mortalità, disoccupati e poveri di numero molto superiore a quello di altre regioni d’Italia.
Giolitti si adopera anche per l’estensione del diritto di voto. Con la nuova legge elettorale sono ammessi al voto tutti i cittadini maschi cha hanno compiuto 21 anni e sappiano leggere e scrivere e siano stati chiamati alle armi, oppure che abbiano compiuto 30 anni se analfabeti e non chiamati alle armi.
La politica giolittiana, però, distingue due volti. Pur di mantenere saldo il potere, Giolitti non si fece scrupolo di usare metodi politicamente poco ortodossi; arriverà persino a corrompere il corpo elettorale e a sollecitare comportamenti intimidatori di prefetti e polizia per eliminare avversari scomodi. È per questi motivi che alcuni critici, tra cui lo storico Gaetano Salvemini, lo definiranno “ministro della malavita”.
Il Patto Gentiloni è un accordo concluso tra Giolitti e i cattolici in occasione delle elezioni del 1913, in base al quale gli elettori cattolici avrebbero dovuto sostenere un qualsiasi candidato liberale disposto a impegnarsi a favore di alcuni programmi graditi alla Chiesa.