Il primo problema che si incontra nell’impostare una attività didattica di recupero in latino, come in ogni altra disciplina, per qualunque livello di classe, consiste nel decidere quali siano le finalità e gli obiettivi da privilegiare.
La decisione dipende da due fattori: uno è legato allo statuto epistemologico della disciplina stessa (cioè al ripensarla nel suo complesso, per definirne gli elementi essenziali e la valenza cognitiva e formativa nell’ambito della programmazione generale) e l’altro è legato alle motivazioni di studio dei ragazzi da “recuperare”. Quasi mai, infatti, in particolare nel biennio, l’insufficienza è riconducibile solo a difficoltà intellettive. L’insuccesso nello studio dipende in gran parte dalla non chiarezza o dalla non condivisione del “senso” di quello che si studia. Ciò capita più facilmente quando una disciplina viene presentata, come spesso accade per il latino, in forma molto parcellizzata, e allo studente si chiede di memorizzare un gran numero di forme o formule avulse da un contesto, o di fare esercizi ripetitivi e meccanici di cui non vede lo scopo. Privilegiare le finalità che possono sostenere la motivazione allo studio è quindi il primo imperativo. Perciò anche noi insegnanti dobbiamo porci la domanda che gli studenti forse – anche se non ad alta voce – fanno: «A che serve il latino?».
La risposta può essere diversa a seconda dell’ordine di scuola e della classe, ma va esplicitata fin dall’inizio, perché da essa dipende la scelta degli obiettivi specifici e del metodo di insegnamento che permette anche l’intervento di recupero.
A che serve il latino?
Se scegliamo fra le finalità elencate nel progetto Brocca (che presenta in modo esplicito la scansione di finalità e obiettivi ormai contenute anche nelle circolari ministeriali per i corsi normali), se quindi diciamo che i latino serve ad avere una competenza linguistica maggiore soprattutto nel linguaggio intellettuale, a dare spessore storico allo studio della realtà culturale europea, a sostenere i processi di astrazione, se privilegiamo come obiettivi la comprensione dei testi, l’approfondimento della storia della civiltà europea, la riflessione sulla lingua, dobbiamo elaborare un metodo che permetta allo studente di essere sempre consapevole che ciò che gli chiediamo di studiare o di fare è congruente con quegli obiettivi. Da questo punto di vista il biennio è il momento più delicato, perché l’odio o l’interesse per il latino – non si pretende l’amore – dipendono da come si comincia. Se si parte da testi che abbiano un senso, se la memorizzazione dei vocaboli e delle strutture viene sempre fatta a partire dai testi, se si stimola il gioco col testo e sul testo, invece di tradurre frasi insulse, si può recuperare la motivazione allo studio del latino.
Poiché, quindi, per recuperare motivazione bisogna recuperare il senso di ciò che si fa, e poiché il senso di ciò che si fa non si coglie nella parcellizzazione, la prima conseguenza a livello metodologico è che l’approccio alla lingua deve essere di tipo globale.
E’ importante sottolineare che questa esigenza precede l’attività di recupero: deve essere un elemento della programmazione generale della disciplina. Del resto, se nell’anno scolastico 1994/95 il recupero, per le sue caratteristiche di imposizione improvvisa, è stato necessariamente sovrapposto alla normale attività didattica, che era già stata programmata in precedenza secondo modalità tradizionali, a partire dal nuovo anno scolastico esso va invece previsto e inserito nella programmazione, e deve essere il più possibile recupero in itinere, unità didattica per unità didattica, in modo da non lasciare accumulare difficoltà e incompetenze, per evitare che uno studente debba recuperare lacune molto pregresse.
La didattica del recupero
In che cosa differisce la didattica del recupero da quella normale? Per poter impostare concretamente l’attività di recupero e approntare i materiali adatti bisogna innanzitutto stabilire:
– qual è il traguardo minimo che lo studente deve raggiungere;
– quali sono le conoscenze e le abilità indispensabili per raggiungerlo;
– quali sono le maggiori difficoltà riscontrate.
Bisogna cioè definire gli obiettivi minimi irrinunciabili di ogni unità didattica, o parte di programma o anno di corso, ed enucleare gli elementi essenziali alla comprensione globale (1). Se bisogna recuperare interesse bisogna innanzitutto partire da testi interessanti, che possono essere utilizzati a vari livelli, anche con traduzione a fronte, eventualmente, per facilitare la comprensione iniziale. Bisogna perciò scegliere testi (adatti per contenuto e per livello di difficoltà) da usare come laboratorio in cui innanzitutto far riconoscere, sottolineare, raggruppare, schematizzare, modificare e trasferire le forme e le strutture di cui si vuole consolidare la conoscenza. La cosa importante è partire dalla comprensione globale del testo, analizzare le forme nelle loro funzioni, fare dedurre le regole dal testo e non viceversa. Non si tratta di rispiegare ma di far fare. Come si è detto, per far prendere confidenza con il testo si può proporre nelle prime classi, o quando si voglia usare un brano particolarmente complesso, un testo con traduzione a fronte, e far evidenziare poi sul testo latino gli elementi lessicali o le forme morfosintattiche che si vogliono far acquisire con sicurezza. Si può anche tornare più volte sullo stesso testo, mettendo in luce sempre nuovi elementi, finché esso è stato analizzato nella sua interezza e può essere riproposto a una lettura completa. A questo punto si può chiedere agli studenti una loro traduzione come ultimo atto di un lavoro di analisi e comprensione.
Con questo procedimento gli studenti si abituano a lavorare direttamente sul testo latino, anche di una certa lunghezza, prescindendo da una traduzione formalizzata, e memorizzano senza troppo sforzo espressioni e strutture. Inoltre, l’uso di uno stesso testo per percorsi diversi permette anche all’insegnante di diversificare il lavoro degli studenti secondo le esigenze di recupero di ciascuno, con risparmio di tempo e materiale.
Il recupero di latino, infatti, riguarda in genere le competenze lessicali, le conoscenze morfosintattiche e la capacità di comprensione del testo.
Abitualmente chiamiamo l’insieme di queste competenze capacità di tradurre. Ma tradurre è un’operazione complessa, che rappresenta il momento conclusivo di una serie di altre operazioni, altrimenti è esposta all’obiezione: «A che cosa serve tradurre quello che esiste già tradotto?».
La risposta concreta degli studenti a questa domanda implicita è come è noto l’uso del bigino. E’ difficile dare una risposta convincente dell’utilità della traduzione se la si presenta come qualcosa di assoluto, per cui ne esiste una sola giusta, e tutte le altre sono errate. La traduzione come ultimo atto della comprensione, che comporta per forza scelte soggettive e che è per definizione imperfetta, può essere invece una sfida intelligente, che mette in moto la sensibilità, i gusti degli studenti, si presta a riflessioni sulle differenze fra le lingue e sull’ampiezza dei campi semantici, stimola interessi interdisciplinari e recupera abilità trasversali. Essa è una quinta e più sofisticata abilità linguistica, che si aggiunge a quelle fondamentali di ascoltare/parlare/leggere/scrivere (la seconda e la quarta non valide per una lingua morta). Non bisogna pensare che quest’ultimo suggerimento sia troppo raffinato di fronte a studenti di cui magari lamentiamo che non riconoscono le uscite dei casi: recuperare vuole anche dire fare emergere le competenze, gli interessi e le conoscenze che esistono, a volte allo stato latente, nei ragazzi. Rendersi conto che ci sono approcci al latino in cui possono emergere le proprie competenze e non la propria ignoranza o incapacità è gratificante e stimola un maggiore impegno.
Un percorso di recupero per il primo anno di latino
Vediamo ora un esempio concreto di percorso di recupero per il primo anno di latino. (Non facciamo distinzione fra i diversi tipi di scuola, perché le differenze a livello di studio morfosintattico non sono particolarmente significative).
Obiettivi:
acquisire disinvoltura nella comprensione del testo latino;
acquisire sicurezza nel riconoscimento delle forme morfosintattiche studiate.
Metodo:
passare dalla comprensione globale all’analisi a livello lessicale, morfosintattico e testuale;
giocare col testo intervenendo con trasformazioni.
Scelta dei testi:
alcune liriche di Catullo(vedi di seguito).
Motivazioni:
sono testi poetici brevi, in modo che si può lavorare su più testi, variando i percorsi senza aumentare la difficoltà;
i testi delineano una storia che i ragazzi possono recepire anche senza una contestualizzazione erudita;
il primo livello di comprensione è facile (in questa fase ovviamente si prescinde dall’analisi metrica);
la sintassi è semplice (unica struttura complessa è l’oggettiva nel carme CIX, mentre le strutture rette da ut e nisi hanno il verbo nello stesso modo che si presenta in italiano). I sostantivi presenti nei testi sono quasi tutti della prima e seconda declinazione (solo sette della terza). I verbi sono quasi tutti presenti e perfetti. Inoltre, i brani contengono molti pronomi, alcuni avverbi di tempo, le congiunzioni fondamentali, qualche comparativo. I vocaboli che non rientrano nelle prime classi di frequenza (2) sono comunque immediatamente comprensibili in italiano (tranne angiportis, glubit, impensius);
Tempi e modalità :
il percorso può essere usato verso la fine del primo quadrimestre. Con un minimo di disinvoltura (cioè non preoccupandosi di spiegare nei particolari quello che non si è ancora fatto studiare) anche prima;
l’insegnante può decidere di dare i testi con la traduzione a fronte o meno, a seconda della situazione che vuole recuperare (3).
Esercizi sul testo
lettura, primo livello di analisi e comprensione:
– per la comprensione del testo gli elementi fondamentali sono i connettivi, che sono anche in genere le parole a più alto livello di frequenza: il loro riconoscimento e la loro memorizzazione sono quindi essenziali;
– il riconoscimento dei connettivi permette di seguire la catena parlata della lingua, senza ricorrere alla cosiddetta costruzione diretta, che distrugge la struttura della frase latina riducendola a essere un calco di quella italiana;
esercizi specifici:
– usi di ille;
– i pronomi: sottolinearli e raggrupparli per categoria;
– gli avverbi di tempo: collegarli ai tempi e analizzare i tempi;
– ut: distinguere le diverse funzioni;
– gli articoli: quando bisogna metterli in italiano e quando no?
– giochi sul testo (4), a partire da un minimo di contestualizzazione: chi è Lesbia, chi è Celio.
Per esempio:
carme LVIII: nel testo Catullo parla a Celio di Lesbia. Si propone di cambiare gli interlocutori: qualcuno parla a Catullo di Lesbia. Cosa cambia e cosa resta invariato?
carme XCII: se si fa la stessa cosa, che cosa si deve cambiare?
Ciascun esercizio si può fare con i tempi dei verbi, cambiando gli avverbi di tempo. Gli studenti devono riflettere sul rapporto tra verbi, pronomi e aggettivi pronominali; devono riscrivere la frase con le opportune variazioni, ma mantenendo la successione delle parole latine, abituandosi così alla struttura latina della frase (5). Le proposte di cambiamento dei singoli studenti devono poi essere discusse per vedere se sono pos-sibili/congruenti o impossibili/incongruenti, per vedere come ogni cambiamento si riflette su tutto il contesto e quali conseguenze comporta.
In questo modo si modifica e sdrammatizza anche il concetto di errore, che viene limitato alle forme inesistenti o morfosintatticamente impossibili. Negli altri casi si tratta di varianti, che comportano la costruzione di testi diversi.
In questo modo gli studenti lavorano quasi esclusivamente sul testo latino, ragionando all’interno della lingua, che è la condizione essenziale per raggiungere l’obiettivo della comprensione.
CARME LVIII
Caeli, Lesbia nostra, Lesbia illa,
illa Lesbia, quam Catullus unam
plus quam se atque suos amavit omnes,
nunc in quadriviis et angiportis
glubit magnanimos Remi nepotes.
Celio, la mia Lesbia, quella Lesbia
quella Lesbia che Catullo sola
amò più che sé e tutti i suoi
ora agli incroci e nei vicoli
scortica i nipoti del grande Remo.
CARME XCII
Lesbia mi dicit semper male nec tacetumquam
de me; Lesbia me dispeream nisi amat.
«Quo signo?» Quia sunt totidem mea; deprecor illam
assidue, verum dispeream nisi amo!
Lesbia mi maledice sempre e non tace mai
di me: ch’io sia disperato se Lesbia non mi ama
Qual è l’indizio? che sono uguali i miei: la insulto
continuamente, ma ch’io sia disperato se non l’amo.
CARME LXXXVII
Nulla potest mulier tantum se dicere amatam
vere, quantum a me Lesbia amata mea est.
Nulla fides ullo fuit umquam foedere tanta
quanta in amore tuo ex parte repenta mea est.
Nessuna donna può dirsi tanto amata
davvero, quanto da me è stata amata la mia Lesbia.
Nessuna fedeltà fu mai tanta in nessun patto
quanta si è trovata da parte mia nell’amore per te.
CARME CIX
Iucundum, mea vita, mihi proponis amorem
hunc nostrum inter nos perpetuumque fore.
Di magni, facite ut vere promittere possit,
atque id sincere dicat et ex animo,
ut liceat nobis tota perducere vita
aeternum hoc sanctae foedus amicitiae.
Vita mia, mi prometti che questo nostro amore
fra noi sarà gioioso e perpetuo.
Dei grandi, fate che possa promettere la verità
e dica ciò sinceramente di cuore
sì che ci sia lecito prolungare per tutta la vita
questo eterno patto di sacra amicizia.
CARME LXXII
Dicebas quondam solum te nosse Catullum,
Lesbia, nec prae me velle tenere Iovem.
Dilexi tum te non tantum ut vulgus amicam,
sed pater ut gnatos diligit et generos.
Nunc te cognovi; quare etsi impensius uror,
multo mi tamen es vilior et levior.
«Qui potis est?» inquis. Quod amantem iniuria talis
cogit amare magis, sed bene velle minus.
Dicevi una volta di amare solo Catullo,
Lesbia, e al posto mio di non volere avere nemmeno Giove.
Ti ho amato allora non tanto come il volgo un’amante
ma come un padre ama i figli e i parenti.
Ora ti conosco: per cui anche se brucio di più,
per me sei molto più spregevole e futile.
“Com’è possibile?” dici. Perché per un amante una tale offesa
costringe ad amare di più, ma a voler meno bene.
Note
(1) Un aiuto in questo senso può essere rappresentato dall’applicazione al latino delle metodologie della didattica breve che, ideata dal professor Ciampolini della facoltà di Ingegneria di Bologna per le materie scientifiche e tecniche, sta trovando applicazione anche per le lingue classiche, soprattutto per le esperienze e ricerche didattiche dell’IRRSAE Emilia Romagna. Cfr. F. Piazzi (a cura di), La didattica breve del latino, Cappelli, Bologna, 1993; L’insegnamento del latino, lo stato dell’arte, Atti del convegno IRRSAE Emilia Romagna, Bologna, 1994 e il dossier La Didattica breve, in “RES”, n°10, ottobre 1995.
(2) Per l’acquisizione lessicale è importante controllare un vocabolario frequenziale, come il Vocabulaire de base du latin, dell’ARELAB, associazione degli insegnanti di lingua latina dell’Accademia di Besançon, che riunisce le 1600 parole più frequenti della lingua latina divise in quattro classi di frequenza, derivato da Delatte, Evrard, Goiaerts, Denooz, Le dictionaire fréquentiel de la langue latine, Liège, 1981.
(3) La traduzione è stata appositamente fatta in modo da rispettare il più possibile il testo latino, senza però essere una traduzione interlineare, in modo che possa essere usata sia per una prima comprensione sia per evidenziare le differenze fra lingua latina e italiana.
(4) Ovviamente nei giochi si prescinde dalla struttura metrica.
(5) Gli iperbati del carme CIX possono essere oggetto di analisi stilistica, soprattutto l’iucundum iniziale, per evidenziare che la maggiore libertà di collocazione delle parole in latino rispetto all’italiano, dovuta al segnacaso, ha sempre un significato e non è casuale.