La farsa teatrale è un breve componimento teatrale di ispirazione schiettamente comica.
Sebbene le origini del genere vadano cercate nel teatro greco (commedia megarese, mimo) e romano (fescennino, atellana), è nel medioevo che la farsa conquista una sua autonomia. Il termine,derivato dal lat. farcire (riempire), cominciò a indicare quelle variazioni o inserti, di carattere profano-buffonesco e di gusto popolareggiante, che servivano da «riempitivo» nelle sacre rappresentazioni, durante le feste religiose. Anche in seguito, nel passaggio dal teatro sacro al teatro profano, la farsa conserverà i suoi attributi popolareschi, dissacranti, concreti, comici. In Italia se ne ebbero i primi esempi letterari nel sec. XVI (Alione, Ruzante), soprattutto nella forma della farsa cavaiola (Sannazaro, Caracciolo), fino a quando, con la commedia dell’arte, la farsa non si identificò con le «pulcinellate».
In Francia le prime farces furono scritte e recitate dai goliardi, o clerici vagantes, nel sec. XIII è anonima la celebre Farce de Maitre Pathelin che satireggiava le istituzioni giudiziarie e l’ambiente della cancelleria di Parigi.
Vivacissima fu la farsa in Portogallo, col cinquecentesco Gil Vicente e i suoi continuatori (Chiado, A. Prestes); con caratteri più sfumati fu coltivata in Spagna, soprattutto nella forma di intermezzi, e in Germania Fastnachtsspiel). In Inghilterra la f. fu accolta da Shakespeare e dal teatro elisabettiano, come momento di pausa e di svago nello svolgimento dell’azione drammatica; dopo la restaurazione acquistò dignità di composizione autonoma e veniva recitata come after piece alla fine dei drammi seri. In Russia si distinguono due filoni: uno popolare, che si deve ad attori vaganti che satireggiavano spesso la boria e la prepotenza dei proprietari terrieri, e uno colto, rappresentato dalle mezdorecija (intermezzi) e dalle «commedie buffonesche» che si recitavano nei teatri di corte.
Nell’Ottocento il genere accolse lo spirito più spumeggiante del vaudeville, ovvero accentuò gli stereotipi macchiettistici, fino a trasformarsi, agli inizi del Novecento, nella comica finale del cinema muto.