L’espressione è comunemente impiegata per designare una tendenza dell’astrattismo geometrico diffusasi a New York verso il 1965, il cui artista più rappresentativo è Frank Stella. Ma Barnett Newman, veterano della scuola di New York, godeva già di grande considerazione presso pittori e scultori che si rifacevano alla m. Il termine – impiegato ora in senso peggiorativo, ora in senso proprio – significa «il meno è il più»: indica cioè un’espressione artistica in cui le forme sono semplificate all’estremo e saldamente articolate.
Tra esse, volumi elementari, linee, piani e tracciati orientali sono sottoposti ad alterazioni estremamente sottili, che obbligano l’osservatore a badare alle minime (minimal) modifiche nei mezzi impiegati.
Per il suo sviluppo, la minimal art deve molto all’astrattismo geometrico (Hard Edged Abstraction) e all’astrattismo ottico (Op Art), ma la sua semplicità radicale comporta una reazione del tutto diversa, più intellettuale, non immediatamente emotiva. I suoi rappresentanti più significativi sono gli scultori Tony Smith, Donald Judd, Robert Morris, Dan Flavin, Carl André, Sol Lewitt e Richard Serra, nonché i pittori Frank Stella, Larry Zox e Darby Bannard. Lo scultore inglese Anthony Caro ne è generalmente considerato un precursore.
I pittori americani Morris Louis e Kenneth Noland, benché attenti soprattutto al problema del colore, hanno esercitato un certo influsso nella formazione di questo stile. «Artforum» è la principale rivista che abbia sostenuto la m, con gli articoli critici di Barbara Rose e Michael Fried.