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Foglio sottile realizzato con diverse sostanze vegetali e minerali ridotte in pasta. Impiegata come supporto di opere dipinte o disegnate, presenta una struttura diversa a seconda dei materiali di base che la costituiscono e conferisce alle opere un aspetto netto o impreciso a seconda della finitura superficiale. La carta Whatman, di stracci a grana grossa, è impiegata dagli acquerellisti. La carta a struttura regolare, liscia, viene scelta preferibilmente dai disegnatori che impiegano la grafite. A seconda che sia trattata o meno, la carta ha un diverso grado di assorbimento; per evitare che i colori si spandano quando li si applica, la carta da disegno è resa meno assorbente mediante colla. Le carte migliori sono fabbricate con cenci e tele di cotone.
L’industria della carta è giunta a noi dalla Cina, attraverso gli Arabi. Secondo le fonti letterarie, la carta di stracci sarebbe stata inventata in Cina come sostituto a buon mercato della seta nel 105 a. carta., ma la carta piú antica, conosciuta dagli scavi nell’Asia centrale, sarebbe datata all’anno 98; altre carte sono state scoperte nello Shen-si. Fatte a mano, sono carte lisciate. Fin dagli inizi della dinastia Tang, nel VII sec., si cominciano ad utilizzate esclusivamente piante, ramia o gelso (ritrovamenti nel Tuen-huang e nel Kanson). Di composizione varia a seconda delle province (canapa ad ovest, bambù a sud, ramia, gelso e vimini a nord, riso e miglio nel centro del paese) le carte cinesi variavano pure di qualità a seconda dell’uso, e alcune valevano il loro peso in oro. Di regola, la carta preferita dai pittori letterati fu quella non trattata, a causa della rapidità e della franchezza delle sue reazioni sotto il pennello, mentre alcuni professionisti, particolarmente in Giappone, hanno talvolta impiegato una carta spolverata d’oro o d’argento.
La carta si è diffusa nell’Asia centrale e in Persia: le prime fabbriche sono state edificate nel 751 a Samarcanda da prigionieri cinesi. Nel 794 venne fondata una fabbrica a Baghdad, poi un’altra a Damasco.
La carta subiva una speciale preparazione per facilitare lo scivolamento del calamo. La si poneva su una tavoletta di legno liscio e la si soffregava con un uovo di cristallo del peso di circa mezza libbra, aggiungendovi talvolta sapone, fino a che non diveniva lucida e pulita. Esistevano carte di vari colori: bianche, porpora, azzurre (colore del lutto), rosse (colore della festa), gialle, ottenute a partire dallo zafferano, molto pregiato e riservato per la copia dei Corani di lusso e di altri documenti importanti.
Gli Arabi diffusero l’impiego della carta nell’Africa settentrionale e in Spagna. Da qui essa si diffuse in Italia e in Francia.
A partire dall’XI sec. l’Italia a Fabriano e la Spagna a Xantia ebbero le due prime cartiere d’Europa. Altre vennero installate successivamente in varie città d’Italia (Padova, Treviso, Venezia, Milano): fornirono carta alla Germania meridionale fino al XIII sec., epoca nella quale vennero fondate le prime fabbriche. In Francia, una delle prime conosciute venne costruita in Linguadoca sull’Hérault, alla fine del XII sec. Da là, l’industria si espanse nella valle del Rodano, in Borgogna e nello Champagne. Nel XV sec. aveva conquistato l’intera Francia: le cartiere di Troyes, Essonnes e Ambert erano assai stimate, e quella di Viladon, nel Vivarese, divenne manifattura reale.
Le cartiere si svilupparono nel XIV e XV sec. in tutt’Europa: vennero fondate fabbriche nelle Fiandre, a Liegi e a Bruges, e in Germania, a Magonza e a Norimberga, nel 1390. Basilea ebbe una fabbrica nel 1440 e l’Inghilterra nel 1495 (cartiera di John Tate). La fabbricazione della carta fu introdotta in America nel XVII seca.: la prima cartiera americana data al 1690 (cartiera di German Town, alla periferia di Filadelfia).
L’industria della carta prese considerevole impulso in Europa dopo il 1798, grazie alla macchina di Louis Robert. Fabbricata con lino e canapa di trama grossolana e spessa, la carta, nel Trecento, era inoltre collata assai imperfettamente con colla di farina, il che la rendeva molto assorbente e di difficile uso per i pittori. Dal XV sec., la tecnica di collatura migliorò e la carta, benché spessa e granulosa, divenne un supporto pittorico migliore. Era coperto da quattro o cinque strati di una pasta a base di polvere d’osso stemperata in acqua gommata, il che la rendeva impermeabile. Era possibile tracciarvi facilmente tratti di penna o lavorarvi a matita o ad acquerello. La grana della carta favoriva certi effetti di luce e ombra, ed era apprezzata da numerosi pittori.
La carta colorata
È comparsa verso la fine del XV sec., per rispondere alle esigenze dei pittori. La colorazione, praticata nella massa dell’impasto, non era molto varia: la carta blu (carta turchina, o azurea) venne assai apprezzata da Gaudenzio Ferrari, Sebastiano del Piombo, Jacopo Bassano nel XVI sec., e dal Domenichino, da Ottavio Leoni e dal Guercino nel XVII seca.; la carta grigia, piú tarda, conobbe pure un certo successo, particolarmente presso Tiziano. In Francia, nel XVII sec., Claude Lorrain e Rigaud si servirono di carte azzurre di provenienza italiana; nel XVIII sec. se ne servirono pure Oudry, La Tour e Prud’hon. Anche le scuole del Nord, a partire dal Quattrocento, preferirono la carta azzurra. Il colore meno diffuso è stato quello camoscio: Eustache Le Sueur, Watteau e Boucher se ne sono però serviti. Le carte colorate si sono moltiplicate a partire dal XIX sec. (crema, verde, rosso).
Il papier tablette viene preparato con gesso leggermente tinteggiato in grigio blu o in avorio, e accuratamente levigato. È stato impiegato da Desfriches nel paesaggio, e utilizzato a partire dal XVIII sec. come supporto per piccoli ritratti.
La carta oleata è intrisa d’olio di lino, e serve da carta da ricalco o da riporto. È stata impiegata fin dal medioevo per riprodurre schizzi, o come supporto, particolarmente dalla scuola veneziana.
Carta applicata La carta è incollata su supporto rigido (legno, pietra) o deformabile (tela), e serve a trasformare la natura del fondo che riceve la pittura. Di fatto, la carta è un buon isolante.
La buona conservazione della carta esige un’atmosfera a temperatura e umidità controllate: l’eccesso di umidità provoca la proliferazione dei microorganismi in sospensione nell’aria. La carta può essere inoltre attaccata da insetti (tarli). Fattori inorganici intervengono anch’essi nella sua alterazione: ossidazione in presenza di luce (ingiallimento), ossidazione del ferro contenuto (fioriture), brunitura dell’inchiostro ferro-gallico. Infine, la carta si lacera molto facilmente. Contro le reazioni chimiche, occorre un minimo di collatura superficiale e una grande delicatezza tecnica (se non si tratta di tecnica a olio). L’applicazione si effettua con l’ausilio di una colla a base d’acqua. In alcuni casi, la carta può impiegarsi come elemento di preparazione, formando parte integrante di quest’ultima.
Alterazioni della carta
La carta è un supporto fragile: la sua alterazione può essere provocata da fattori organici: microorganismi come funghi (sono state osservate 55 specie diverse)
o batteri. I filamenti criptogarnici, o tarli, penetrano nelle fibre della carta, che si decompone e poi si putrefà (putrefazione azzurra, verde, nera, bianca o gialla). I batteri e le spore vengono uccisi mediante raggi ultravioletti.