Il nome (detto anche sostantivo) è la parte variabile del discorso che indica una persona, un luogo, una cosa o, più in generale, qualsiasi entità animata, inanimata o pensata. Sostantivo significa: parola provvista di una propria sostanza tangibile sia che esista sotto i nostri occhi (cane), sia che esista solo nella nostra mente (sogno). I nomi insieme ai verbi, sono gli elementi primari della lingua, costituiscono i pilastri su cui la frase si costruisce. Senza di essi ogni forma di comunicazione verbale sarebbe impossibile. I nomi possono essere analizzati sulla base delle loro caratteristiche semantiche e morfologiche.
Dal punto di vista semantico i sostantivi vengono classificati in base al loro significato. I nomi propri sono nomi e cognomi di persone, appellativi geografici, storici, letterari, culturali e sociali. Non indicano ciò che è generico ma ciò che è individuale e ben identificato. Dunque, non la classe ma l’elemento singolo. La sua peculiarità è che viene indicato con lettera maiuscola.
I nomi comuni indicano persone, animali, luoghi, cose e via dicendo. In modo generico, come elementi appartenenti ad una classe ad esempio il giornale. Questa tipologia di sostantivi può essere suddivisa in tre gruppi: nomi concreti, indicanti qualcosa di materiale e percepibile ai sensi (es. albero); nomi astratti che indicano sentimenti e stati d’animo (es. sogno); nomi collettivi indicanti una molteplicità (es. folla).
I nomi primitivi sono quelli che non derivano da altre parole italiane e sono composti da radice e desinenza (es. sole). Essi costituiscono il nome da cui si parte per la formazione dei nomi derivati. Questi ultimi sono costituiti da un prefisso e da un suffisso. Quando al nome semplice si aggiunge un suffisso il nome si dice alterato. Gli alterati possono avere valenza di: diminutivo (es. casa – casina); vezzeggiativo (es. casa – casuccia); accrescitivo (es. casa – casona); peggiorativo (es. casa – casaccia). I nomi primitivi possono generare anche dei nomi composti quando sono costituiti dall’unione con altri nomi, aggettivi o forme verbali. Bisogna prestare una particolare attenzione a dei sostantivi che potrebbero sembrare dei diminutivi o degli accrescitivi ma, invece, non lo sono. E’ il caso, ad esempio di lampone che non deriva da lampo e mulino che non deriva da mulo.
I nomi o sostantivi sono quelle parole che indicano persone, oggetti, animali, luoghi, idee o fatti e possono essere maschili o femminili e singolari o plurali.
Si dividono in
– propri, che definiscono cioè persone o entità specifiche (storiche, geografiche, letterarie, ecc.)
Es: Paolo, Italia.
– comuni, che definiscono persone o entità generiche
Es: cane, amico.
– concreti, che definiscono elementi materiali
Es: computer, telefono.
– astratti, che definiscono elementi immateriali
Es: amore, simpatia.
– individuali, che definiscono una sola persona o un solo elemento
Es: mano, uomo.
– collettivi, che definiscono un insieme di persone o elementi
Es: folla, gregge.
– primitivi, che non derivano da nessuna parola
Es: uomo, rosa.
– derivati, che derivano da un’altra parola
Es: città/cittadino, giustizia/ingiustizia.
– alterati, che si formano con l’aggiunta di suffissi:
– diminutivi (bambola/bambolina),
– accrescitivi (scarpa/scarpone),
– vezzeggiativi (casa/casetta),
– spregiativi (cappello/cappellaccio).
– composti, che si formano unendo due parole: nome e aggettivo, nome e verbo, nome e avverbio.
Es: filo spinato, sordomuto, benestare.
Le regole per formare il femminile dei sostantivi sono le seguenti:
I nomi che terminano in –o si cambiano in –a.
Es: maestro/maestra.
I nomi che terminano in –e, invece, possono terminare al femminile con –a, -essa o –ina o restare invariati.
Es: padrone/padrona, vigile/vigilessa, eroe/eroina,cantante/cantante.
Quelli che terminano con –iere diventano –iera, quelli con –tore diventano -trice.
Es: cameriere/cameriera, inventore/inventrice.
I nomi che terminano in –a o –ista, invece, restano generalmente invariati.
Es: collega/collega, dentista/dentista.
Per formare i plurali dei sostantivi si seguono tali regole:
i nomi che terminano in –a finiscono in –e al femminile e in –i al maschile.
Es: pasta/paste, pediatra/pediatri.
I nomi che terminano in –o e in -e finiscono in –i al femminile e in –i al maschile
Es: mano/mani, legge/leggi, faro/fari.
Fanno eccezione alcuni nomi che terminano in –co e –go che diventano –chi e –ghi o –ci e –gi(alterco/alterchi, asparago/asparagi); alcuni che terminano in –ca e –ga diventano –chi e –ghi al maschile e –che e -ghe al femminile (patriarca/patriarchi, amica/amiche); alcuni che terminano in -logo diventano –loghi se sono cose e –logi se sono persone (dialogo/dialoghi, psicologo/psicologi); alcuni che terminano in –cia e –gia terminano in –cie e –gie o –ce e –ge (farmacia/farmacie, spiaggia/spiagge); quelli che terminano in –io diventano –ii se la i è accentata, -i se non lo è (addio/addii, figlio/figli).