La definizione “scuola di Vienna” non si riferisce tanto a un gruppo o a un’istituzione precisa, quanto alla sorprendente successione di personaggi che hanno contribuito in modo fondamentale allo sviluppo della storia dell’arte come disciplina scientifica. Nella metà dell’Ottocento a Vienna fu istituita una specifica cattedra universitaria per gli studi storico-artistici, area di studi che vede impegnate grandi personalità: Rudolf Eitelberger (1819-1885) fu il primo a ricoprire la cattedra universitaria di storia dell’arte. Egli spostò l’attenzione degli studi dalle singole individualità degli artefici agli oggetti concreti e alle fonti documentarie, ma il vero fondatore della scuola fu però Franz Wickoff (1853-1909) specialista di arte romana. Anche il contributo di Alois Riegl (1858-1905) fu di fondamentale importanza, per la vastità dei suoi orizzonti, per la profondità dei metodi d’indagine e per la particolare sintonia con i prodotti dell’arte contemporanea. Riegl attribuì pari dignità a tutti i prodotti artistici e a tutti i periodi artistici, anche definiti tradizionalmente di “decadenza”.
La rivalutazione delle arti minori, che svolse un ruolo così importante nella vicenda della Secessione e delle Wiener Werkstätte, trova con Riegl un approfondimento teorico di grande rigore. Riegl si propose di rilevare i tratti fondamentali dello stile di ogni epoca, analizzando le corrispondenze tra i prodotti delle varie arti, considerando anche gli ornamenti e i motivi decorativi. A prescindere dalla personalità e dall’abilità degli artefici, c’è sempre un comune denominatore nella produzione di una determinata epoca in un determinato periodo storico, chiamato da Riegl Kunstwollen. Il termine è difficilmente traducibile: è la “volontà artistica”, l’impulso creativo, che si nutre del contesto storico e culturale rispecchiandone i valori di fondo in una precisa connotazione stilistica.
D’estrema attualità è la filosofia conservativa e del restauro di Riegl, che postulò la diversità comunque presente anche nella riproduzione meccanica di un manufatto. Nel 1903 Riegl curò l’esposizione di queste sue idee in un Progetto di un’organizzazione legislativa della conservazione in Austria. Un capitolo centrale del testo è Il culto moderno dei monumenti, incentrato sul differente valore storico-estetico assegnato dalle varie epoche ai prodotti artistici e sull’insostituibile ruolo dello spettatore che guarda, dell’uomo che compie il riconoscimento, che riflette sull’enigma del tempo che passa.
Del gruppo fecero parte anche Heinrich Wölfflin (1864-1945) che teorizzò le “forme del vedere”, una sorta di evoluzione della visione artistica verificatasi autonomamente, senza che gli artefici vi abbiano avuto un ruolo determinante e Max Dvoràk (1874-1921), che si occupò di arte boema, fiamminga e di Manierismo, ed esaltò la preminenza del significato dello sviluppo formale nella storia dell’arte.
L’ultimo e più importante esponente della Scuola di Vienna fu Julius Von Schlosser-Magnino (1866-1938) che si avvalse della propria preparazione storico-filologica per lo studio della storia dell’arte. Si dedicò particolarmente al recupero e allo studio critico delle fonti letterarie per la storia dell’arte. Nell’opera Die Kunstliterature, tradotta in italiano nel 1967, fu pienamente accolta la lezione di quella filosofia crociana di cui Schlosser in quegli anni stava approfondendo il significato. Egli riprende la formula crociana di “poesia” e “non poesia” all’interno di alcuni studi sul Rinascimento italiano. Schlosser si occupò anche di rievocare un secolo di studi storico artistici e configurò, in effetti, la cerchia di studiosi che ora conosciamo come facenti parte della Scuola di Vienna, i cui apporti fondamentali agli studi sono la rivalutazione delle arti minori, l’uso delle scienze complementari nello studio della storia dell’arte, l’attribuzione di pari dignità alle diverse epoche storiche e ai diversi coefficienti culturali e razziali e l’attenzione ai valori figurali e visivi nell’approccio all’opera d’arte.