Questo capolavoro del medioevo inglese, rimasto purtroppo incompiuto, consiste in nove frammenti, i quali vennero pubblicati per la prima volta nel 1478 e furono scritti dall’autore in periodi diversi. Il piano originale dell’opera, infatti, pare che si possa far risalire circa al 1387, dopo la quale data Chaucer scrisse la maggior parte dei brani, lasciandoli poi incompiuti qualche anno prima della sua scomparsa. Alcuni racconti, tuttavia, come la novella della seconda monaca, quella del monaco, quella del chierico di Oxford e quella del cavaliere, sono quasi certamente precedenti al 1380, mentre altri sembrano di poco posteriori a questi, come la novella della drappiera di Bath, quella del sergente della legge e quella del narratore.
L’opera, scritta per la maggior parte in distici eroici, è strutturata in 24 racconti, di cui tre incompleti, i quali vengono narrati da altrettanti personaggi facenti parte di un gruppo di pellegrini recantisi a Canterbury al santuario di Thomas Beckett. Questo modo di introdurre una serie di novelle era già ben noto nella precedente letteratura medievale: l’esempio più vicino a Chaucer è quello delle Novelle di Giovanni Sercambi, anch’esse presentate attraverso lo schema del pellegrinaggio. Che il Decameron fosse conosciuto o no al Chaucer, non è dato sapere; egli avrebbe potuto venirne a conoscenza nei due precedenti viaggi compiuti in Italia, tuttavia la mancanza di altri influssi al di là della cornice narrativa farebbe pensare il contrario.
L’opera del Chaucer a ogni modo è vigorosamente personale e legata alla cultura anglosassone, per quanto sia l’ampiezza di respiro che la anima sia europea. Con essa la letteratura inglese conquista una maturità che le permette di collocarsi nel rango delle più sviluppate letterature del continente. Non a caso si è fatto spesso il nome di Dante per offrire un termine di paragone all’apporto decisivo che Chaucer ha dato alla crescita della civiltà letteraria del proprio Paese. Anche sul piano linguistico il suo contributo può in una certa misura essere raffrontato a quello offerto dal grande Fiorentino: come questi, tramite il suo capolavoro, aiutò lo svilupparsi e il rafforzarsi della lingua volgare, così Chaucer fornì al middle english (l’inglese del periodo intermedio) una base potente per affermarsi in futuro come lingua letteraria (essendo questa già parlata normalmente), a scapito del francese e del latino. Ciò che tuttavia lo differenzia da Dante è il tipo di visione con cui osserva e considera la società del proprio tempo, con le diverse soluzioni estetiche che questa comporta: morale e teologico in Dante, mentre in Chaucer è laico e tendente a evidenziare realisticamente le caratteristiche umane e sociali degli individui. Il suo genio non ricorre ad allegorie e astrazioni dottrinarie, ma popola la sua rappresentazione di una folla di personaggi traboccanti di vitalità, esprimenti vigorosamente le proprie attitudini personali, i quali vengono a costruire un quadro composito, rappresentante in microcosmo pressochè la totalità della società inglese del tempo. Ciascun pellegrino, infatti incarna, una particolare classe o categoria sociale, attraverso la cui concretezza umana prendono vita davanti ai nostri occhi i motivi, le tensioni, i conflitti animanti la realtà umana entro la quale vive Chaucer. L’autore la contempla con grande ampiezza di prospettiva e con una passione partecipe per lo spettacolo della commedia umana, che si possono quasi dire shakespeariane. Nel quadro mancano tuttavia le classi sociali dei due poli estremi, l’alta aristocrazia e i servi della gleba; questo ci rivela molto sull’atteggiamento personale di Chaucer, progressista in quanto legato alla borghesia allora nascente, ma conservatore in quanto estraneo ai profondi fermenti che agitavano le classi più povere, e che esplosero nel 1381 con la rivolta dei contadini. I rappresentanti, inoltre, della più alta e della più bassa categoria sociale presenti nei Racconti sono rispettivamente un cavaliere e un contadino i quali, in modi diversi, rappresentano entrambi una realtà sociale ormai estinta o in estinzione, che lo scrittore contempla con evidente nostalgia. Il primo, infatti, incarna gli ideali di cavalleria legati all’ormai languente mondo feudale e il secondo gli atteggiamenti di tranquilla obbedienza e operosità che, in questo periodo, risultano nient’altro che un’idealizzazione.
Qualunque sia la luce con cui Chaucer illumina il singolo personaggio, emerge chiaramente una caratteristica compositiva dei Racconti : l’importanza data alle figure umane fungenti da narratori delle varie novelle, le quali allacciano dunque con esse un rapporto del tutto intrinseco, anzichè costituire una semplice cornice o uno schema convenzionale. I prologhi che introducono le novelle dei pellegrini, quindi, non sono affatto qualcosa di indipendente da esse, ma vi sono intimamente legati, in quanto queste ultime evidenziano anch’esse la natura del personaggio che le racconta. Celebre è, per esempio, il ritratto della monaca priora tutta affettazione e ricercatezze parigine, ritratto che risulta ben più importante del racconto che ella narra, come è pure straordinariamente vivida la descrizione del venditore di indulgenze, il quale non cessa mai di essere vigorosamente presente anche mentre narra la propria novella. Considerando poi le varie novelle, esse rappresentano una summa delle forme letterarie medievali, comprendendo il fabliau, il romanzo cortese, l’ exemplum dei predicatori, le leggende dei santi, il sermone, la favola di animali ecc. Tra le più importanti è la novella del mugnaio, ricca di un umorismo carnale e perfetta nel ritmo e nell’inventiva, dove si narra di un vecchio legnaiuolo che viene tradito dalla giovane e graziosa moglie e da uno studente, suo pensionante. Mentre lui dorme in un armadio appeso al soffitto, in attesa del secondo diluvio predettogli dallo studente, i due se la godono a letto. Un altro spasimante della donna entra in scena, e due burle (una in risposta all’altra) servono a far precipitare in modo esilarante la situazione. Il racconto dell’indulgenziere ci mostra dei giovani dissipati che vanno in cerca di un vagabondo per eliminarlo, ma, imbattutisi in un mucchio d’oro, si eliminano a vicenda per impossessarsene.
La novella della donna di Bath, imperniata sul tema del dominio della donna sull’uomo nel rapporto coniugale, narra di un cavaliere il quale, per salvarsi da un’esecuzione, deve rispondere alla domanda: “Che cos’è che le donne amano maggiormente?” Ottenuta la risposta esatta da una vecchia strega – il dominio – deve mantenere in cambio l’impegno di sposarla, e costei si trasforma quindi per magia in una giovane avvenente. La novella del chierico tratta invece delle sofferenze subite, per mano del crudele marito, dalla virtuosa Griselda, la cui sottomissione, tuttavia, viene dallo stesso Chaucer indicata come eccessiva. La fonte è Petrarca, il quale aveva a sua volta tradotto in latino una novella di Boccaccio. Le novelle del frate e del messo di tribunale vengono narrate dai due rispettivi pellegrini in polemica l’uno con l’altro: la prima parla di un messo che incontra il diavolo travestito da valletto d’arme, il quale gli confida i suoi metodi nel trattare con gli uomini. Il messo tenta quindi di estorcere un dono a una vedova, la quale invoca il diavolo perchè lo conduca all’inferno; e il diavolo, l presente, esegue. La seconda mette invece in berlina un frate avido e ipocrita, ritratto mentre somministra interessate parole di conforto presso il letto di un malato.