Risulta essere ormai stato accertato che le prime 5 forme di vita sulla terra furono acquatiche, e successivamente si spostarono sulla terraferma. Naturalmente questo passaggio non avvenne improvvisamente e prima che dagli animali completamente acquatici si passasse a quelli completamente terrestri vi furono forme intermedie. Quella lenta evoluzione si compie ancor oggi, in breve tempo, nella vita di ogni anfibio, piccolo museo vivente di una grande vicenda che, in tempi remoti, fu comune a tutte le specie terrestri. Gli anfibi chiamati anche batraci dal greco batrakhos, che significa rana, sono vertebrati a sangue freddo o eterotermi, aventi cioè una temperatura corporea variabile, che segue approssimativamente quella ambientale come, del resto tutti gli animali, con la sola eccezione degli uccelli e dei mammiferi che sono omeotermi , la loro temperatura corporea è cioè costante o a sangue caldo. Sono dotati di arti adatti alla locomozione in terraferma e la respirazione avviene per mezzo di branchie durante la vita larvale e per mezzo di polmoni allo stato adulto. Il passaggio dalla vita acquatica a quella terrestre li distingue da ogni altro animale e comporta vistose modificazioni, indicate nel loro complesso con il nome di metamorfosi. Le uova, deposte, salvo rari casi, nell’acqua degli stagni, hanno un rapido sviluppo embrionale che porta alla formazione di una larva , il girino, la quale, per un breve periodo di tempo, conduce vita acquatica; al termine del periodo larvale, il girino entra in metamorfosi, trasformandosi da piccola larva a forma di pesce, con organi adatti a una vita acquatica, in un individuo adulto, nel quale quegli stessi organi si sono adattati alla vita subaerea.
Gli anfibi sono presenti in tutte le zone in cui abbondano acqua e vegetazione: negli stagni, nelle paludi , nei fossi, presso le rive erbose e umide. Durante il giorno restano nascosti, la notte svolgono la loro attività di predatori d’insetti. Una prima grande classificazione suddivide gli anfibi in anuri, urodeli e apodi. Gli anuri sono anfibi privi di coda allo stato adulto, con occhi mobili e retrattili, corpo tozzo e raccorciato, dotato di robusti arti posteriori specializzati per il salto. Gli arti anteriori servono invece da semplice appoggio quando l’animale è a terra, mentre non hanno alcuna funzione quando nuota, infatti vengono allineati lungo i lati del corpo per diminuire la resistenza al moto nell’acqua.
Il più noto degli anuri è la rana , di cui esistono innumerevoli specie: è un anfibio che a terra spicca grandi salti (una specie, in particolare, la rana leopardo, arriva a superare abbondantemente il metro) e nell’acqua nuota con eccezionale agilità, rifugiandosi nel fondo limoso ogni volta che avverte un pericolo incombente.
Nei momenti di riposo, sta sulle foglie delle piante acquatiche e sulle sponde dello stagno, sempre vigile grazie vista acuta e al finissimo udito. Il dover cacciare, come fa la rana, insetti volanti e mobilissimi ha favorito lo sviluppo delle facoltà psichiche. Ciò spiega le dimensioni del cervello in rapporto a quelle del corpo.
La raganella è molto comune in Europa soprattutto nei nostri stagni quando nelle notti d’estate si popolano di questi animaletti che, più precisi di un barometro ci avvertono, con il loro gracidio, sempre più petulante, dell’arrivo del temporale; possiede una caratteristica che la distingue dagli altri appartenenti a questo ordine: ha dita provviste di dischetti adesivi, che le consentono di arrampicarsi sul tronco degli alberi, e prensili, che ne agevolano gli spostamenti sui rami. Questo anuro, che viene spesso crudelmente perseguitato nelle campagne, gode di una cattiva fama del tutto immeritata: infatti, oltre a essere un anfibio di notevole organizzazione cerebrale e che può essere addomesticato con grande facilità, è da rilevare l’utilità che il rospo, come del resto quasi tutti gli anfibi, presenta per le coltivazioni, essendo voracissimo di insetti nocivi come le lumache, i bruchi e le larve, che ghermisce con incredibile rapidità, saettando la lingua vischiosa contro la vittima. Se è lui, invece, ad essere cacciato da animali più grossi, si difende per mezzo di un liquido secreto dalle sue ghiandole, un veleno altamente tossico che agisce sul cuore e sul sistema nervoso. Gli urodeli, invece, che conservano la coda per tutta la vita, sono anfibi riadattati all’ambiente acquatico: i più noti di essi sono le salamandre e i tritoni. La salamandra è un animale che ha bisogno per vivere di acqua, umidità, fresco, basse temperature; la sua attività è infatti quasi esclusivamente notturna proprio perché è dettata dalla necessità di evitare il calore del giorno. Nei mesi invernali, poi, si scava nel suolo un rifugio, profondo anche più di un metro, e vi si raggomitola in letargo, attendendo il ritorno della primavera. Due salamandre presentano particolare interesse. Una è la salamandra gigante, che vive solo in Giappone, che è il più grosso anfibio vivente: raggiunge infatti la lunghezza di un metro e il peso di 10 kg. L’altra è la cosiddetta salamandra tigre, la cui ghiandola tiroide, a seconda delle condizioni ambientali, causa l’arresto subitaneo del processo di metamorfosi oppure la sua completa maturazione. I tritoni, detti anche impropriamente «salamandre d’acqua», sono, invece, urodeli a vita quasi completamente acquatica. Come pochissimi altri animali rigenerano le parti del corpo che sono state loro recise: a un tritone furono asportati durante un esperimento di laboratorio i quattro quinti di un occhio e l’anfibio, in dieci mesi, riuscì a rigenerare completamente un globo oculare nuovo, con tanto di cornea, iride e cristallino.
Nell’ humus e tra le foglie in putrefazione delle regioni tropicali vivono gli anfibi di organizzazione più elementare, gli apodi: hanno il corpo vermiforme, sono privi di arti e rassomigliano molto ai vermi e ai serpentelli, da cui tuttavia li differenzia la respirazione branchiale dell’età larvale.