Lo scontro tra i Greci e l’Impero persiano era inevitabile, la volontà espansionistica dei persiani si era concretizzata già a partire dal VI secolo a. C. con la conquista della Lidia, della Mesopotamia, di Cipro e dell’Egitto. Il segnale che la monarchia achemenide ambiva alla costituzione di un impero universale venne da Dario, figlio di Cambise, il quale aveva riorganizzato l’apparato amministrativo e militare di un regno che si estendeva dall’Estremo Oriente ai confini del mondo egeo.
Questo pericolo spinse le poleis greche a mettere da parte le conflittualità interne – soprattutto quelle tra Sparta e Atene, due città diverse politicamente e culturalmente, ma che ambivano a ricoprire entrambe un ruolo egemone nella propria sfera d’influenza – e a valorizzare gli elementi comuni attraverso il riconoscimento di un’unica identità nazionale fondata sulla tradizione e sulla condivisione di valori spirituali.
A fare le spese dell’espansionismo persiano furono le colonie ioniche della Grecia in Asia minore, formalmente rimaste indipendenti ma di fatto governate da tiranni filopersiani e costrette a versare pesanti tributi all’impero achemenide. Al senso di oppressione creato dal controllo persiano, la cui politica fiscale rischiava di mettere in ginocchio le più floride economie del Mediterraneo, diede voce il tiranno di Mileto, Aristagora, il quale avviò un’intensa attività diplomatica per coinvolgere la Grecia continentale in un tentativo di ribellione.
Da Sparta ricevette un rifiuto netto, mentre Atene inviò venti navi come supporto e altre cinque giunsero dalla piccola polis dell’Eritrea. Dopo alcuni successi iniziali, la campagna si concluse nel 494 a. C. con la distruzione di Mileto e la riconferma del dominio persiano sulla Ionia. Dario però non poteva dimenticare così facilmente l’affronto subito da Atene, la quale si era intromessa in questioni che a suo dire non la riguardavano.
La rabbia dei persiani era inoltre alimentata dalla presenza a corte di Ippia, figlio del tiranno di Atene Pisistrato, cacciato intorno al 510 a. C.
Ma perché Atene aveva deciso di intervenire? In realtà aveva validi e diversi motivi per intervenire. Primo fra tutti la presenza dei persiani in Asia Minore ostacolava il flusso commerciale dall’Egeo verso l’Ellesponto e il Mar Nero, mettendo a repentaglio il primato marittimo ateniese. In secondo luogo non dobbiamo dimenticare il legame che correva tra le colonie e la loro madrepatria o meglio tra tutte le città greche costituito da un modo di vivere la vita, di pensare, di concepire la cultura in cui tutti i Greci si riconoscevano, per cui attaccare una polis significare attaccare tutta la Grecia.
Dario aveva compreso che il successo di un’azione militare in Grecia continentale
doveva passare attraverso l’acutizzazione di contrasti interni e per questo intensificò l’opera diplomatica nelle principali località greche al fine di capire l’eventuale comportamento in caso di un attacco contro Atene.
Intanto ad Atene il pericolo era sentito come sempre più incombente e si formarono due tendenze opposte: la prima non interventista sostenuta dal ghenos degli Alcmeonidi e la seconda intervista, capeggiata dal generale Milziade e che godeva del favore popolare. Fra le linee degli interventisti si distinsero due giovani Temistocle e Aristide, i quali indussero la polis ateniese a prepararsi allo scontro: il primo atto fu la decisione della costruzione del porto del Pireo.
Nel 491 a. C. Milziade divenne arconte e favorì una politica di riavvicinamento a Sparta che fu coronata dall’adesione alla Lega peloponnesiaca. Nel frattempo i Persiani, terminati i preparativi per la spedizione, mandarono una flotta da guerra verso la Grecia, che attraversò l’Egeo, conquistò le Cicladi, pose una base nel sud dell’Eubea, espugnò Eritrea e infine sbarcò nella pianura di Maratona a circa 40 km da Atene nel 490 a. C. Forse fu proprio su suggerimento di Ippia che i Persiani approdarono a Maratona, dato che era lo stesso luogo in cui il padre era sbarcato cinquant’anni prima per occupare Atene.
Atene aveva già chiesto aiuto a Sparta, ma essendo luna piena – un periodo sacro per la città – il rifiuto era stato ancora una volta netto. Solo la polis di Platea mandò 1000 uomini in aiuto ai circa 9000 ateniesi che si trovarono a fronteggiare l’imponente esercito persiano. La tradizione antica parla addirittura di un numero oscillante fra i 100.000 e i 500.000 soldati, oggi la critica moderna ha buone ragioni per ritenere che si trattasse di un esercito di 30.000 uomini. Ma il generale Milziade conosceva fonda le tattiche militari persiane, infatti durante la tirannide di Pisistrato, costretto all’esilio, si rifugiò in Tracia dove ebbe modo di collaborare con l’esercito persiano.L’esercito ateniese era sicuramente più scarno di quello persiano, ma aveva una fanteria meglio equipaggiata e dotata di lunghe lance contro le quali le frecce degli abilissimi arcieri persiani potevano bene poco.
Milziade portò l’esercito ateniese alla vittoria con un’opera di accerchiamento del nemico che non aveva precedenti. Anche il tentativo di Dario di attaccare direttamente Atene fu sventato dall’intuito di Milziade che ricondusse l’esercito a difesa della città. Secondo la tradizione, la notizia della vittoria di Maratona fu portata ad Atene dal soldato Filippide che corse per circa 40 km e morì per lo sforzo subito dopo avere dato l’annuncio. Da qui sembra abbia preso il nome la gara di corsa chiamata appunto maratona.
Il re persiano Dario scomparve nel 485 a. C. profondamente segnato da questa terribile sconfitta e il figlio Serse raccolse l’eredità della guerra sempre più inevitabile contro la Grecia. Radunato un esercito di 200.000 unità e una flotta di 1200 navi decise di attaccare per mare e per terra. Intanto ad Atene fu accolta la proposta di Temistocle di concedere un prestito ai cento cittadini più ricchi affinchè allestissero una trireme l’uno. Avrebbero dovuto restituire il denaro solo se la città sarebbe rimasta insoddisfatta del lavoro compiuto con quel prestito. Nacque così la prima flotta militare ateniese. Nel 481 a. C. nacque a scopo difensivo la Lega panellenica che riuniva 32 poleis greche contro il pericolo persiano, tra cui anche Sparta.
Per attraversare l’Ellesponto (l’attuale stretto dei Dardanelli), il re Serse ordinò che venissero gettati due ponti di barche, in modo che l’esercito di terra venisse affiancato da quello di mare che, navigando lungo la costa, garantiva il costante contatto. Attraversarono facilmente la Tracia e la Macedonia e sottomisero la Tessaglia. Intanto l’esercito greco guidato dal re spartano Leonida si preparava a resistere presso il passo delle Termopili (480 a. C.), uno stretto passaggio obbligato all’estremità settentrionale della Locride, con lo scopo di ritardare l’avanzata dell’esercito nemico.
Gli Ateniesi puntavano tutto sulle forze di mare, anche a causa dell’inferiorità numerica dell’esercito greco dovuto al fatto che le forze peloponnesiache inviate erano molto scarse. I 6000 Greci stanziati alle Termopili – le porte calde, il passo prende infatti il nome dalla presenza di sorgenti di acqua calda – dovettero fronteggiare un esercito nettamente superiore, ma nonostante tutto la resistenza fu eroica. Sapevano di non potere vincere, bisognava solo dare il tempo alle navi greche di sconfiggere quelle persiane, in modo da costringere Serse alla ritirata per mancanza di approvvigionamenti. Le poche decine di metri del passo rimasero coraggiosamente presidiate da una diga umana che nemmeno la guardia imperiale persiana riuscì a scardinare, fino a quando un greco traditore svelò il sentiero segreto che permise ai persiani di aggirare il valico e sorprendere alla spalle i Greci. Dopo una feroce e prolungata difesa caddero anche gli ultimi Spartani.
Il sacrificio di Leonida diede il tempo necessario a Temistocle di organizzare l’evacuazione di Atene, tutti gli abitanti si rifugiarono nell’isola di Salamina, dalla cui spiaggia assistettero al saccheggio della loro città. Lo scontro decisivo si ebbe nel 480 a. C. proprio nelle acque tra Salamina e le coste dell’Attica, dove Temistocle attirò la flotta persiana goffa rispetto all’agilità delle triremi greche, infliggendo una terribile sconfitta a Serse che si ritirò in Asia. Lo scontro terrestre decisivo si ebbe a Platea in Beozia, questa volta l’esercito greco era composto da 100.000 uomini guidati dal re spartano Pausania. L’esercito persiano non potè nulla contro le lunghe lance della fanteria greca e anche la flotta persiana subì un ulteriore sconfitta a Micale dinanzi alle coste dell’Asia Minore. I principali centri della Ionia si ribellarono al dominio persiano e l’Ellesponto tornò sotto il dominio dei Greci.