Manas è un epos tramandato oralmente sino al secolo scorso da cantori di lingua kirghisa (o kirgiza), lingua che iniziò ad avere una sua grafia solo agli inizi del Novecento.
L’epos è stato trascritto, dettato, registrato, a partire dall’Ottocento, in un’infinità di poemi, ciascuno di svariate (10/30) migliaia di versi. In totale oggi si possiedono 750.000 versi, custoditi e studiati negli archivi dell’Istituto di linguistica e letteratura dell’accademia delle scienze della repubblica Kirghisa.
I Kirghisi sono una popolazione d’origine turca, di religione islamica, più o meno nomade, che occupa la parte sud occidentale dell’ex impero sovietico, confinante con la Cina. Il personaggio Gengis Khan se non era kirghiso era tuttavia strettamente imparentato con loro. Fino a pochi anni fa la repubblica era parte dell’Unione Sovietica.
L’epos è stato per secoli cantato e sceneggiato da cantori professionisti chiamati manascy: ciascuno di loro ne è tramandatore e autore nello stesso tempo. Uno solo d’essi, raggiunto dalla scienza filologica nella prima metà dell’800, ha dettato oltre 150.000 versi.
L’epoca nella quale si svolsero i fatti narrati dall’epos è prevalentemente intorno al 900 d.C., ma arriva anche sino ai secoli XVI e XVII narrando di invasioni proprie di quei secoli.
La storia è quella d’un capo kirghiso di nome Manas che andò alla conquista di Beigin (Pechino) combattendo contro i nemici di sempre, i Khitari (Cinesi) e i loro alleati, i Colmucchi.
Qualche elemento storico nel racconto è ravvisabile. In sostanza siamo – nella parte più consistente del racconto – nel medioevo delle popolazioni turche continentali.
Sono nomadi, vivono nelle tende, praticano la pastorizia, allevano bovini, ovini, equini, cammellidi. Dispongono di lance, spade, fucili, frecce. Il racconto è generalmente realistico, il ricorso al magico e al soprannaturale è raro e comunque irrilevante.
Vi sono feste per matrimoni e per l’equivalente dei nostri battesimi (l’imposizione del nome), banchetti e festeggiamenti funebri, tornei, gare, duelli, scaramucce, scorribande ladronesche, spedizioni guerriere, consigli d’anziani, interpretazioni di sogni. Le donne hanno buona voce in capitolo, talvolta combattono, possono far filare i loro mariti guerrieri, spesso partorendo muoiono.
La ricchezza dei capi-tribù si misura a migliaia di animali, e ad oro, argento, armi, tessuti. Le ricchezze e il potere passano di padre in figlio.
Manas lo vediamo nascere (dopo lunga spasmodica attesa da parte del padre), lo vediamo bambino gigantesco e pantagruelico, lo seguiamo per tutta la vita, lo vediamo scomparire circa sessantenne lasciando un figlio.
È autoritario, coraggioso, dolce tuttavia con le sue donne, forte e quasi invincibile in battaglia, devoto al padre, ostinato nel combattere i suoi nemici, solidale, generoso e protettivo nei confronti dei suoi “vassalli”.