La pena è la conseguenza giuridica della violazione di un precetto penale.
Caratteristica essenziale è l’afflittività; consiste infatti nella privazione o diminuzione di un bene individuale.
Essa può essere detentiva o pecuniaria:
è detentiva qualora consista nella limitazione della libertà che prevede la reclusione per i reati più gravi e l’arresto per quelli meno gravi, analogamente la sanzione pecuniaria consiste nel risarcimento dei danni in denaro a carico del trasgressore e si compone rispettivamente della multa e dell’ammenda.
E’ applicata dall’autorità giudiziaria con le forme e le garanzie del processo penale.
Secondo Beccaria, come scrive nello stessoDei delitti e delle pene, le pene sono quei sensibili motivi(cioè che percuotono i sensi) che distolgono l’uomo dal compiere illeciti e dal creare nuovamente uno stato di caos (Dei Delitti e delle Pene,I).
Essa ha principalmente una funzione retributiva, di prevenzione generale e di prevenzione speciale. Secondo la teoria retributiva, la sanzione penale deve servire a compensare il male provocato dall’illecito;la retribuzione può essere di tipo morale e di tipo giuridico: nel primo caso la necessità che lo stato punisca il colpevole si basa su un imperativo che proviene dalla coscienza umana, nel secondo caso la pena non trova fondamento che al suo interno, vale a dire all’interno dell’ordinamento giuridico.
La teoria kantiana, che tanto influenzò le elaborazioni successive della retribuzione, muove dalla concezione dell’uomo come personalità, per cui l’uomo non può essere usato quale strumento per qualsiasi scopo, né trattato alla stregua di una cosa.
La pena non può quindi trovare la propria giustificazione nel perseguimento dell’utile della società né del reo stesso, ma deve avere un fondamento etico assoluto: ciò che giustifica la pena è soltanto la realizzazione dell’idea di giustizia, attuabile attraverso la retribuzione.
Secondo la teoria della prevenzione generale, la pena consiste in una minaccia che serve a distogliere le generalità dei consociati dal compiere fatti socialmente dannosi.
Secondo la teoria della prevenzione speciale invece, la pena svolge un compito intimidatorio volto alla dissuasione del singolo(condannato) dal commettere nuovi reati e, contemporaneamente, compiti rieducativi e correttivi.
Non si punisce dunquequia peccatum est- come nella teoria retributiva- mane peccetur; la teoria delle prevenzione speciale può inoltre essere ottenuta attraverso la neutralizzazione o la risocializzazione.
La prima consiste nel porre il soggetto in una situazione nella quale gli sia reso impossibile il compimento di illeciti.
L’incapacità può essere materiale oppure giuridica: essa è materiale quando al soggetto è tolta la possibilità fisica di compiere reati; è giuridica invece quando al soggetto è tolta una qualifica giuridica che gli consenta l’esercizio lecito di quella attività nell’ambito della quale possono essere compiuti illeciti.
La risocializzazione consiste in trattamenti psicologici,trattamenti medici e sociali.
L’esame scientifico della personalità comprende sia la diagnosi che la prognosi criminologia: la diagnosi consiste in una serie di accertamenti miranti a definire la personalità del reo, la prognosi invece è il complesso delle indagini volte a consentire un giudizio di predizione sul comportamento futuro del condannato.
La pena si fonda sui suddetti principi
La personalità: la pena è personalissima e colpisce solo l’autore del reato
La legalità: l’applicazione della pena è rigorosamente disciplinata dalla legge
L’inderogabilità: la pena deve sempre essere applicata al reo
La proporzionalità: la pena deve essere proporzionata al reato commesso. (se una pena punisce due delitti che offendono disugualmente la società, gli uomini non troveranno un più forte ostacolo per commettere il maggior delitto, Dei Delitti e delle Pene, VI)
A questo proposito è necessario riprendere il concetto didolcezza delle pene(Dei Delitti e delle Pene, XXVII): secondo Beccaria infatti il più grande freno ai delitti non è la crudeltà della pena ma la sua infallibilità.
Poiché la certezza del castigo (seppur moderato) farà certa più impressione che non il timore di un castigo terribile ma che lasci impunito il reato.
Inoltre, affinché essa risponda al suo compito di garante di giustizia, deve essere necessaria, poiché come Beccaria (Dei Delitti e delle Pene,II) afferma: ogni pena non necessaria alla difesa della salute pubblica dalle usurpazioni personali è da considerarsi tirannica”.
La pena è caratterizzata da condizioni che emanano dal criterio positivo della tutela del diritto e da altre che fanno riferimento al criterio della giustizia che può dirsi criterio negativo.
In relazione al principio positivo vengono in evidenza tutti i presupposti della pena che attengono all’efficacia della punizione: affinché la pena risponda alla legge dell’ordine deve essere cioè deve essere sentita dal reo che ne è colpito e deve essere sentita moralmente dagli altri cittadini.
La pena deve essere dunque pubblica, ogni pena segreta è infatti un abuso di forza.
Lo spettacolo della punizione fisica scompare all’inizio del XIX secolo: si nasconde il corpo del suppliziato, si esclude dal castigo l’esposizione della sofferenza, un procedimento dunque assai diverso da quello riservato al reo in precedenza.
Beccaria condannerà aspramente queste forme di castigo e tortura: poiché il fine delle pene non è quello di tormentare e suppliziare il reo, ma semplicemente di impedirgli di compiere successivi illeciti e di distogliere la comunità da atti emulativi. (Dei Delitti e delle Pene,XII)
La pena deve esserecerta: vale a dire la legge non deve ammettere mezzi per evadere dalla pena una volta irrogata.
La pena deve inoltre garantire la persuasione che il reo abbia patito una punizione: la mancanza di questo secondo requisito fa cessare l’efficacia della pena rispetto a tutti gli altri, essa deve essere infine pronta, cioè l’intervallo tra il delitto e la punizione deve essere il più breve possibile.
In relazione invece al criterio negativo della giustizia inteso come principio limitativo, vengono in rilievo le seguenti condizioni: Essa non deve essere diseguale: la pena non deve cioè essere influenzata dalla diversa posizione dei delinquenti: la disuguaglianza potrebbe infatti verificarsi legislativamente e praticamente.
Si verifica legislativamente quando è la legge stessa che detta distinzione nella penalità; questo vizio risale alle leggi romane, le quali contemplavano pene diverse a seconda che fossero destinate in honestories, oppure in humiliores.
Si verifica praticamente quando, nel silenzio della legge, il giudice proceda nel distribuire la pena sul criterio delle condizioni sociali del colpevole.
Infine deve essere riparabile: è possibile infatti che si verifichino errori giudiziari.
La condanna di un innocente avrebbe l’effetto paradossale di trasformare lo strumento della giustizia in un fattore di ingiustizia.
La pena non deve essere illegale né eccessiva (ma proporzionata al delitto in base alla legge stessa) e deve essere divisibile, ossia frazionabile in modo da rispondere al diverso grado dell’imputazione che si modifica col modificarsi delle circostanze stesse.
Gli elementi che giustificano l’utilizzo della sanzione penale in luogo di altre sanzioni giuridiche per la difesa sociale sono:
in primo luogo bisogna rivelare come la sanzione criminale a differenza delle altre sanzioni giuridiche sia costantemente applicabile
presenta la possibilità di adattarsi alla pericolosità del delinquente
consente la possibilità di rieducare o di rendere innocuo il reo
E’ inoltre previsto all’articolo 27 della Costituzione Italiana, che la pena preveda esplicitamente una funzione rieducativi, intesa come funzione di inclusione sociale.
La Corte Costituzionale in molte delle sue sentenze ha affermato un vero e proprio diritto del condannato a vedere riesaminato se l’effetto di risocializzazione sia già stato raggiunto in carcere; nel qual caso, la parte restante della pena deve essere eseguita al di fuori del carcere, in un regime di misura alternativa alla detenzione, ovvero di prova controllata; e che in secondo luogo questo periodo di esecuzione della pena fuori dal carcere va considerato come momento di controllo, ma anche di sostegno.
Questo è dunque il risultato che l’esecuzione della pena deve raggiungere se vuole essere realmente efficace secondo i principi costituzionali.
Sono dunque due le sedi dell’esecuzione della pena (una interna ed una esterna): entrambe devono essere necessariamente attive,impegnative, efficaci per il raggiungimento della inclusione sociale del condannato, che è la funzione che la Costituzione e la legge affidano all’esecuzione della legge.
Misure alternative in Europa
Una giustizia penale per la sicurezza non è repressiva: è invece ingegnosa nel progettare misure che prevengano alla radice gli illeciti, che chiudano posti di lavoro criminale e reintegrino dignitosamente l’autore del reato.
Da diversi anni a questa parte sono state introdotte in Europa misure alternative alla detenzione, la cui origine trova fondamento nella crisi della pena detentiva.
Il carcere appariva come una soluzione affittiva e non rieducativi sul piano della difesa sociale: si è quindi gradualmente compreso l’esigenza di trovare dei sistemi meno inutilmente afflittivi, meno costosi e più utile alla rieducazione.
Le sanzioni e misure alternative alla detenzione in Europa sono nate in tempi diversi (per esempio, nel sistema penale francese l’istituto sospensivo del sursis simple trova posto già nel 1894, mentre in Inghilterra, l’alternativa viene introdotta nel 1907 con il Probation Of Offenders Act), all’interno di ordinamenti giuridici differenti e sono state concepite secondo diverse modalità. Ovviamente non hanno sortito ovunque i medesimi istituti, effetti e risultati: sul piano giuridico tale processo si è concretizzato in due categorie fondamentali; l’una comprende le misure sospensive della pronuncia o della pena accompagnate da speciali condizioni, accettate dal soggetto, contrassegnate da una certa sorveglianza, l’altra invece comprende le misure che costituiscono una modalità alternativa di esecuzione della pena detentiva e riducono lo spazio di applicazione della detenzione, non soltanto sul piano qualitativo ma anche su quello quantitativo.
In Inghilterra, la classica alternativa alla pena detentiva breve è rappresentata dal Probation Order, introdotto nel sistema penale con il Probation Offenders Act del 1907 e che prevede la facoltà per il giudice, di astenersi dalla condanna alla detenzione e di emanare un probation order che sottopone a prova il soggetto autore di reato che a tale alternativa abbia dato il suo consenso. Al reo sono imposti particolari obblighi e doveri ed è posto sotto stretta sorveglianza.
In Belgio, il probation è stato regolamentato con una legge del 1964, sottoforma di sospensione della condanna simple o avec probation; in questo secondo caso, da parte del giudice vi è l’imposizione di determinate condizioni per le quali è richiesto il consenso del sottoposto e che sono individualizzate caso per caso.
In Svezia il probation consiste in un periodo di prova definito, durante il quale il soggetto è sottoposto a controllo; in Danimarca invece la possibilità di sospensione della pronuncia della condanna vige dal 1961 e al giudice è data la possibilità di decidere se il soggetto necessiti di stretta sorveglianza o di condizioni aggiuntive personalizzate.
In Norvegia il probation è stato introdotto nel 1919 nei confronti di autori di reato passibili di pene brevi.
Ben più numerosi sono i paesi europei che conoscono la sospensione dell’esecuzione della pena, dopo che la condanna sia stata emessa da parte della Magistratura competente e la stessa sia divenuta esecutiva.
La Francia ha ad esempio introdotto nel 1984 il travail d’interet general in una duplice forma: a titolo di pena sostitutiva, applicabile soltanto ai rei primari o come prescrizione riguardante una qualsiasi pena detentiva.
La Germania conosce l’istituto del differimento condizionale della pena, quando il giudice valuta che sussistano gli estremi di prognosi favorevole al reinserimento sociale; in Svizzera, presenta il medesimo istituto di sospensione presente anche in Austria (previsto dal 1965 per i giovani delinquenti e dal 1975 anche per gli adulti) e in Lussemburgo (ove la sospensione copre un periodo da tre a cinque anni).
In Italia il modello del probation penitenziario è stato introdotto per la prima volta nel 1975: il funzionamento del sistema e l’accettazione del principio del recupero sociale dei condannati comportano un margine di rischio, non essendo realistico prevedere con certezza piena il comportamento umano.