Situata nel nord della Grecia continentale e bagnata dal Mar Egeo su cui si estende con la penisola Calcidica, la Macedonia era una regione fortemente arretrata se paragonata al resto della Grecia. Per molto tempo le attività primarie furono la pastorizia, la caccia, la pesca e in seguito anche l’agricoltura. Solo con la nascita e il consolidamento di uno Stato unitario retto da una forte monarchia, si avviò lo sfruttamento delle risorse minerarie – la regione era, infatti, ricca di ferro, rame, argento e oro – che garantirono ingenti entrate utili e necessarie al processo di affermazione della Macedonia su tutto il mondo greco.
Il fatto che la pastorizia, la quale necessitava di grandi estensioni di terra per il pascolo del bestiame, per molto tempo fu una delle principali attività creò, attraverso la concentrazione delle terre nelle mani di gruppi ristretti di persone, le condizioni perché si formasse una classe dirigente aristocratica con compiti di difesa militare del territorio. Da questa si formò l’assemblea degli armati che aveva la facoltà di nominare un re. Il primo re macedone destinato a condizionare le sorti della storia greca fu Filippo II.
Trascorse la sua gioventù a Tebe, la più potente città della Beozia, dove si formò attraverso lo studio dei classici greci. Uomo colto, dotato di una grande sensibilità politica e abile nell’organizzazione militare, lo storico Radius paragona la sua astuzia e sagacia a quelle dell’antico eroe omerico Ulisse. Senza il soggiogamento e l’unificazione del mondo greco diviso e senza la sua intelligente diplomazia, forse la grandiosa opera di conquista del figlio Alessandro avrebbe avuto qualche difficoltà in più.
Nel 359 a. C. Filippo prese il potere in qualità di reggente tutore del nipote Aminta IV e si dedicò al rafforzamento delle strutture difensive e offensive dello Stato. Aveva 24 anni. Una delle prime iniziative, chiara espressione delle sue mire espansionistiche, fu la riforma dell’esercito. Con la collaborazione di Parmenione, generale illustre, e di consulenti militari di grande esperienza, creò la cosiddetta falange macedone: una macchina umana, dove ogni soldato si articolava con gli altri. La falange era formata da più file di militari scelti, tutti uomini liberi; le loro armi erano spade corte, piccoli scudi, ma le ultime file erano dotate di sarisse, lance lunghe dai cinque ai sette metri che, arrivando fino alle prime file, creavano un reticolo di punte che la rendevano – come scrive Radius in Alessandro Magno – un ariete che batteva le mura e un istrice su cui la caduta non era certo indolore. L’uso della sarissa presupponeva anni di duro addestramento, gli uomini della falange erano, infatti, guerrieri e atleti.
Nel 356 a. C. assunse il titolo di re e in quello stesso anno nacque il figlio Alessandro dal matrimonio con Olimpiade, figlia di Nettolemo re dell’Epiro. Lo scopo ultimo di Filippo era quello di estendere la sua egemonia in Asia e per questo aveva bisogno del pieno controllo della Grecia e di riunire ai suoi ordini le valorose ma sparse armate elleniche. Da qui il suo impadronirsi della Grecia poco per volta, nonostante l’oratore ateniese Demostene avesse dedicato tutta la sua arte alla libertà della Grecia.
Il pretesto per intervenire in Grecia fu dato dallo scontro fra Tessali e Focesi per il territorio di Delfi, Filippo intervenne a favore dei primi e nel 346 a. C. aveva già sottomesso tutta la Focide. L’intervento non deciso di Atene fece capire al re macedone che le divisioni interne dilaniavano la città e non permettevano di portare avanti politiche efficaci. La lunga situazione di guerra –dalle guerre persiane al conflitto con Sparta – aveva, infatti, indebolito politicamente, militarmente ed economicamente Atene e portato alla breve egemonia di Tebe, che sotto la guida di Epaminonda era riuscita a sconfiggere la rivale Sparta nel 371 a. C. Le divisioni interne al mondo greco si andavano sempre più accentuando, rendendo veramente difficile la difesa dell’indipendenza della Grecia. Dopo avere esteso il proprio dominio a Oriente fino al Bosforo, un altro contrasto per il santuario di Delfi consentì a Filippo, con la vittoria di Cheronea nel 338 a. C., di conquistare il controllo su tutta la Grecia.
L’organizzazione politica voluta dal re macedone mostra la sua grande abilità diplomatica e la sua lungimiranza. Riunì, infatti, i massimi rappresentanti di tutte le poleis greche – ad eccezione di Sparta che non volle prenderne parte – e formò la Lega di Corinto. Si trattava di un accordo politico-militare che prevedeva la nascita di un organo esecutivo composto da membri delle città scelti in numero proporzionale ai contingenti militari forniti, che avrebbe avuto il compito di mantenere la pace e organizzare la difesa contro i nemici esterni. Filippo lasciò piena autonomia decisionale alle poleis, ma possedeva il comando di tutte le azioni militari. Il suo obiettivo reale era quello di servirsi delle forze greche per attaccare la Persia e il sommo oratore Demostene lo aveva capito quando nelle sue orazioni, dette Filippiche, metteva i Greci in guardia dalle mire espansionistiche di quello che considerava un tiranno e un attentatore alla libertà dei Greci non certo un liberatore. A fermare Filippo non sarà Demostene ma la scomparsa nel 336 a. C. a causa di una congiura di palazzo, le cui dinamiche però ci sono ancora oscure.