Il Taketori Monogatari, tradotto in italiano come Storia di un tagliabambù è comunemente datato a prima del 909, tuttavia, anche in considerazione del fatto che i manoscritti pervenutici risalgono ad almeno cinque secoli dopo la sua stesura, determinare l’esatta datazione non è facile e vi sono più ipotesi.
Secondo alcuni la prima stesura del testo sarebbe da collocare prima del 909 poiché Minamoto no Yoshitane in alcuni versi contenuti nel Yamato monogatari paragona la partenza della principessa Katsura per la corte a quella di Kaguyahime, protagonista del Taketori Monogatari
Piangendo disperato ogni notte il taketori cercava di trattenerla,
ma questa sera sei tu che mi lasci per andare da Sua Maestà.
Altri ritengono che l’opera sia anteriore al 905 per via dell’accenno al fumo sul monte Fuji nel finale, in quanto in quell’anno, secondo la prefazione dell’antologia poetica Konkinshū , il Fujiyama non esalava più del fumo.
Dalla metà del secolo scorso, poi, alcuni hanno ipotizzato che risalisse al 700 e fosse stato scritto da un oppositore dell’imperatore Tenmu per screditarlo, in quest’ottica i personaggi del racconto farebbero riferimento uomini politici realmente esistiti.
Altrettanto incerta è l’attribuzione dell’opera fra i possibili autori Minamoto no Shitagō, Henjō, Ki no Haseo e altri. Ad ogni modo è indubbio che l’autore sia un intellettuale vicino alla corte e un buon conoscitore della lingua cinese, alcuni affermano che il testo fosse stato scritto in kabun (caratteri cinesi) e solo dopo trascritto in kana (caratteri giapponesi), in ogni caso la presenza di molte parole di origine cinese fa supporre che fosse rivolto a un pubblico colto.
Trama del Taketori Monogatari
La storia ha inizio quando un vecchio tagliabambù (in giapponese taketori), ritrova nella cavità di un bambù una piccola creatura luminosa e, non avendo figli, insieme alla moglie decide di adottarla e chiamarla Kaguyahime.
La creatura cresce rapidamente diventando una bella ragazza e suscitando l’ammirazione di numerosi corteggiatori fra questi cinque accettano di sottoporsi a delle prove impossibili proposte da Kaguyahime pur di avere la sua mano. La difficoltà delle prove aumenta in proporzione al grado dei pretendenti e col progredire del racconto. I primi quattro pretendenti ricorrono all’imbroglio e non superano le prove, anche il quinto pur essendo onesto e affrontando personalmente la prova fallisce.
Del resto i pretendenti non potevano ottenere la mano di Kaguyahime per via della sua natura divina e infatti la giovane rifiuta anche la mano dell’imperatore per non infrangere il tabù tra terreno/alieno, e grazie a una magica veste ritorna a vivere sulla Luna da cui proviene senza ricordare nulla della sua esperienza terrena. Tutto quello che rimane di Kaguyahime è un elisir che regala all’imperatore, che però lo brucia sul monte Fuji, non desiderando vivere in eterno senza di lei.
Il primo monogatari
Il Taketori viene considerato la prima opera appartenente al genere monogatari. Murasaki Shikibu lo definisce “l’antenato e il primo ad apparire di tutti i monoogatari.
L’origine del Taketori è da ricercarsi nei setsuwa, ma in questo caso il lettore sa che i fatti raccontati sono fittizi in virtù delle formule di apertura e di chiusura rispettivamente traducibili come “c’era una volta” e “così è stato tramandato”, la coscienza di trovarsi di fronte ad svenimenti fantastici, seppur posti in un contesto realistico, è tratto distintivo del monogatari, nel setsuwa invece i fatti raccontai dovevano essere considerati dal lettore come reali.
Altra caratteristica che diventerà poi tipica del monogatari è la commistione di poesia e prosa, evidente nel Taketori per la presenza di 15 waka, brevi poesie che pur di scarsa qualità preannunciano un tratto stilistico che sarà poi presente anche nei monogatari successivi e in particolare negli uta monogatari, dove la poesia avrà un ruolo dominante.
Tipica del monogatari è anche la polifonia e la struttura narrativa a sequenze entrambi presenti nel Taketori.
Struttura narrativa
La struttura del Taketori monogatari può essere definita a modulo o a sequenza. Il racconto si compone cioè di brani apparentemente indipendenti, ma in realtà legati da un filo conduttore e disposti secondo una precisa successione, eppure comprensibili anche senza conoscere la sequenza precedente o successiva.
Questo tipo di struttura viene spesso paragonata a un paravento o un rotolo dipinto di cui si scorge una singola sezione che fa comunque parte di un tutto, così le sequenze del monogatari pur essendo indipendenti fanno parte di un racconto di cornice che le unisce.
Nel taketori nel racconto principale si incastonano i brani che narrano le vicissitudini affrontate dai pretendenti di Kaguyahime, questi possono essere letti singolarmente ma si legano squisitamente al racconto principale.
Confronto con la fiaba occidentale
Per alcuni elementi della struttura narrativa il Taketori monogatari può essere paragonato a una fiaba occidentale segue infatti in parte lo schema della fiaba di magia russa proposto da Propp:
Iniziale equilibrio: situazione narrativa stabile;
Rottura dell’equilibrio: cambiamento;
Ristabilimento dell’equilibrio: nuova situazione stabile
Secondo questo schema il nucleo funzionale della fiaba, che consente il ristabilimento dell’equilibrio iniziale, è rappresentato dal contratto fra i protagonisti, che in genere consiste nel superamento in una prova superare. A questo punto la fiaba ha due possibilità di svolgimento:
adempimento del contratto – superamento della prova e conseguente lieto fine;
rottura del contratto – fallimento della prova e impossibilità di un lieto fine.
La fiaba occidentale in genere segue il primo modello, basti pensare alla formula di chiusura “…e vissero felici e contenti”, il Taketori monogatari, invece, segue il secondo modello. L’equilibrio iniziale è rappresentato dall’anziano tagliabambù e la moglie senza prole, la rottura dell’equilibrio avviene con il ritrovamento di Kaguyahime, l’arricchimento del tagliabambù e l’ammirazione suscitata da Kaguyahime in illustri pretendenti. A questo punto si innesca il meccanismo del contratto fra Kaguyahime e i suoi pretendenti che vengono sottoposti a delle prove, poiché non superano le prove si verifica la rottura del contratto, l’equilibrio viene comunque ristabilito con il ritorno di Kaguyahime sulla luna ma senza il lieto fine, ciò avviene per non rompere il tabù alieno/terreno.
Il tabù terreno/alieno
L’equilibrio viene ristabilito con l’espulsione dell’elemento alieno che è rappresentato da Kaguyahime che non può far altro che ritornare sulla Luna dimentica di quanto accaduto sulla Terra.
Del resto il lettore comprende fin dall’inizio che le prove proposte da Kaguyahime non sono impossibili da superare e i suoi pretendenti votati al fallimento, vani sono i tentativi del tagliabambù – nonostante egli stesso sia ben consapevole della sopranaturalità della figlia adottiva – di convincerla ad accettare le loro proposte:
Mia preziosa fanciulla anche se sei un essere soprannaturale sottoforma umana, ho fatto del mio meglio per allevarti sino ora. Degnati di ascoltare le parole di un povero vecchio. […] Tra gli abitanti di questo mondo, l’uomo si unisce alla donna, la donna si unisce all’uomo. È così che le famiglie si accrescono perché non fare lo stesso?
Kaguyahime non può uniformarsi alle regole del mondo terreno accettando le proposte dei pretendenti il tabù fra terreno e alieno non può essere infranto il confine fra i due mondi non può essere violato. Per la stessa ragione l’imperatore brucia l’elisir sul monte Fuji, per altro il suo gesto attribuisce al Taketori monogatari un finale eziologico, che spiega la presenza del fumo sul Fujiyama. Si noti poi che questo elemento fa datare l’opera a un periodo anteriore al 905, anno in cui probabilmente scomparve il fumo dal monte.
Mono no aware
L’equilibrio in realtà non si ristabilisce del tutto perché Kaguyaahime dimentica ma sulla terra il suo ricordo permane lasciando un senso di malinconia e privazione e comunicando al lettore ammirazione per la bellezza unito alla tristezza per la sua natura effimera.
L’impermanenza della bellezza sarà un dei cardini della cultura giapponese che spesso l’esprime con metafora del fior di ciliegio, splendido ma destinato a sfiorire non appena raggiunto il culmine della bellezza.
Questo principio estetico che sta alla base del monogatari viene definito aware o mono no aware, traducibile come “sensibilità delle cose”, ossia la consapevolezza di quanto possa essere effimera la bellezza.