Arato nacque a Soli, in Cilicia, sulla costa meridionale dall’attuale Turchia, intorno al 300 a.C.; studiò ad Atene alla scuola dello stoico Perseo, si recò in Macedonia, si trasferì poi a Antiochia, per fare infine ritorno a Pella, dove morì intorno alla metà del III sec. Fu autore di un Inno a Pan, composto in occasione delle nozze del re Antigono con Fila, di Epicedi in scomparsa di alcuni amici e di Elegie, brevi poesie raccolte con il titolo di Minuzie, oltre ad altri scritti, perduti.
La sua opera più importante è un poema didascalico in 1154 esametri, i Phaenomena (= Fenomeni): è un trattato di astronomia, composto intorno al 275 a.C., su richiesta del re macedone Antigono, ispirato ai Fenomeni di Eudosso, di cui costituisce una sorta di versione poetica. L’opera si divide in due parti: l’invocazione a Zeus e una mappa celeste con la descrizione di 47 costellazioni e di sei stelle singole (Arturo, Capella, Sirio, Procione, Spiga e Vendemmiatrice); la seconda parte, chiamata Previsioni in base ai segni naturali, tratta degli indizi che preannunciano le variazioni meteorologiche. Nonostante non possieda una preparazione scientifica specifica e rielaborando in parte materiale di altri autori, Arato descrive gli eventi naturali con raffinata abilità, interpretando la natura come un libro da sfogliare per interpretare la volontà degli dei. L’opera godette di grande successo: Callimaco la celebrò in un epigramma; alcuni passi furono tradotti in latino da Varrone, Cicerone, Germanico e infine, nel IV d.C., da Avieno; nel Medioevo e fino al Cinquecento fu considerata un testo fondamentale di astronomia.